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D’Alema gongola, contrario a elezioni. PD, chi sarà prossimo segretario?

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Le domande, ora, con il trionfo del NO al referendum costituzionale, sono molte, e riguardano lo stesso futuro del PD, già in bilico da anni, lacerato da continue guerre intestine di potere che hanno visto contrapposti negli ultimi mesi due fronti: il fronte Renzi, e il fronte D’Alema-Bersani, in continuo disaccordo con il premier. D’Alema esulta e canta alla sua di vittoria, nella battaglia personale contro Renzi.

L’ex premier tuttavia non vuole assolutamente che si vada al voto ora.

“Il Capo dello Stato darà l’incarico a una personalità che lavorerà a misurare le disponibilità per un governo necessario al paese. Si dovrà verificare il senso di responsabilità delle forze politiche e credo che ci sia una maggioranza in Parlamento che non intenda favorire lo scioglimento irresponsabile delle Camere. Andare a votare ora sarebbe irresponsabile anche perché la Consulta deve ancora pronunciarsi sull’Italicum. E mi auguro che l’assunzione di responsabilità possa essere la più ampia possibile”.

I maligni ricordano le ripetute frasi di Renzi sul presunto amore tra D’Alema e Berlusconi e, in un contesto in cui Forza Italia lancia un chiaro appello al PD per un nuovo governo, non si può non pensare all’ipotesi inciucio.

D’Alema prevede che Renzi ora rischia di essere azzannato, ma non da lui:

“Mi pare irresponsabile l’idea di precipitare il Paese verso nuove elezioni senza fare quello che è obbligatorio, cioè la revisione delle leggi elettorali anche perché con un’iniziativa improvvida Renzi ha provveduto a cambiare la legge elettorale alla Camera nella presunzione che il Senato sarebbe scomparso. Io immagino che una parte di quelli che lo hanno seguito cercheranno di azzannarlo. Io non faccio parte di quella schiera. L’ho affrontato, a differenza di quello che dice lui, senza rancore”.

Sulla possibilità che, oltre a lasciare la poltrona di premier, Renzi abbandoni anche quella di segretario del PD, l’ex premier afferma, nel corso di un’intervista a SkyTG24:

“Andiamo a un congresso in cui si sceglierà il segretario, e immagino che sarà una competizione molto più aperta di quanto si poteva immaginare qualche mese fa”.

Per ora D’Alema gongola nel vedere affondare quel Renzi che – può anche negarlo – non ha mai sopportato, insieme al suo stretto collega Bersani.

Il Pd deve tornare ad essere il Pd, essendo chiaro che non è il partito di Renzi. Naturalmente Renzi è una forza fondamentale, io non voglio togliergli spazio: era lui che voleva rottamare gli altri. Spero che questa passione gli sia passata”. In ogni caso “ora c’è una grande possibilità di riavvicinare questo popolo e penso che debba essere un impegno nel Partito Democratico”.

Ma quale PD?

Così parla a Mix24, il programma di Giovanni Minoli su Radio24 Federico Boccia:

“Quella del referendum costituzionale è per Renzi prima di tutto una sconfitta politica. Quando 20 milioni di italiani dicono NO in maniera così netta non ci si può nascondere, ho apprezzato le parole di Renzi di stanotte, ma per correttezza dovrebbe anche mettersi da parte come segretario del partito, proprio come fatto da Bersani nel 2013, e magari se decide di ricandidarsi dovrà farlo come ognuno di noi da semplice iscritto. Stanotte si è chiuso un ciclo durato 3 anni e adesso si apre una fase politica nuova, nel Pd e nel Paese”.

Mentre il presidente della Toscana, Enrico Rossi, in un intervento a Controradio suggerisce:

“I ceti medi e popolari soffrono della crisi e il Governo non è stato in grado di produrre una svolta adeguata. Questi ceti hanno anche colto l’occasione per far cogliere la loro rabbia e il loro sentimento. Il Pd non deve reagire in maniera stizzita come mi capita di vedere in giro”, ma riflettere su “una politica eccessivamente debole, ondivaga e contradditoria”. Proprio Rossi si candida alla segreteria del PD: “Questo risultato mi conferma ancora di più, con maggiore convinzione, a candidarmi alla segreteria del Pd”.

“Ci vogliono i tempi giusti per fare il congresso (che è previsto per il novembre del 2017”, visto che “il Pd esce lacerato” e dovrà dunque essere curato. Ancora Rossi: “Chi ha votato no non si rinchiuda in se stesso ma si apra un confronto tra chi ha votato sì e no senza recriminazioni. C’è bisogno di un partito diverso e di una leadership diversa”.

Parla anche, intervistato da La Repubblica, Roberto Speranza, della minoranza dem:

“Ho sempre pensato che il doppio incarico sia sbagliato. Tuttavia nessuno di noi ha mai chiesto le dimissioni di Renzi da segretario del Pd, questo è stato un referendum sulla Carta, non sul governo. Renzi ha fatto l’errore di personalizzarlo troppo, trasformandolo un plebiscito su se stesso”.

Speranza condivide la linea di Rossi:

“C’è un sentimento popolare che viene dal basso di forte critica dell’establishment, Renzi non lo ha ascoltato e ha fatto anche lo sbaglio di inseguire temi populistici ma ha finito per dare la volata ai populisti veri” . E “il congresso non è la priorità, ora dobbiamo occuparci del paese”.

Preme sulla questione della legge elettorale Gianni Cuperlo della minoranza dem, che si esprime con queste dichiarazioni in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera:

“Io ho cercato di tenere unito il Pd: in questo senso non mi sento sconfitto. Ho difeso una coerenza”. Ora è fondamentale “mediare” sull’Italicum. In ogni caso, il trionfo del NO “è una sconfitta severa. Immaginare di guidare la rivolta contro la casta mentre si è seduti sulla poltrona più alta del governo si è rivelata una mossa sbagliata”. E “sugli elettori del Pd vedremo, la mia impressione è che una buona parte ha votato Sì. Ma il campo del centrosinistra era diviso e un pezzo ampio del Paese ha espresso un giudizio negativo sul governo e sul premier. Penso ci fossero almeno due ragioni serie per non far fallire anche questo tentativo. Da un lato la crisi delle democrazie e ciò che sta producendo in Europa e negli Usa. La saldatura tra la delusione del ceto medio e l’impotenza della politica a risolvere i bisogni di milioni di famiglie. Dall’altro il rischio che la sconfitta in un referendum divenuto un plebiscito spostasse verso Grillo e la destra i rapporti di forza”.