Lo scandalo riciclaggio di Danske Bank salito all’attenzione internazionale lo scorso 3 settembre dopo lo scoop del Financial Times ha moltiplicato la sua ampiezza. Secondo la bozza dell’indagine in corso citata alcuni giorni fa dal quotidiano britannico, sarebbero transitati sul ramo estone della maggiore banca danese fino a 30 miliardi di dollari provenienti da non residenti nel solo 2013; un flusso proveniente dalla Russia e dalle ex Repubbliche sovietiche. Ma si ritiene ora che le transazioni di denaro potenzialmente sospetto si siano protratte in un arco ben più lungo, fra 2007 e 2015, e che la somma complessiva oggetto di scrutinio da parte della banca arriverebbe a 150 miliardi di dollari, ha riportato oggi il Wall Street Journal. La notizia ha ulteriormente colpito il titolo Danske Bank, con un ribasso al momento del 4,33% a 176,75 corone.
“Eventuali conclusioni dovrebbero essere tratte sulla base di fatti verificati e non di frammentarie informazioni prese fuori dal contesto”, ha detto il presidente di Danske, Ole Andersen, in una dichiarazione inviata a Reuters, “come precedentemente comunicato, è chiaro che le questioni relative al portafoglio erano più grandi di quanto avevamo previsto in precedenza“.
Nelle prime fasi delle indagini (il caso è noto alla stampa danese sin dal settembre 2017) si era sostenuta una portata ridotta a “soli” 3,9 miliardi di dollari, un somma già più volte rivista al rialzo. Il continuo aumento delle possibili violazioni renderebbero questo caso di gran lunga il più grande del suo genere in Europa, se si considera che il precedente più grave aveva riguardato Deutsche Bank, per 10 miliardi di dollari di mirror trades sospettati di aver consentito il riciclaggio di fondi russi e per la quale la banca tedesca pagò 630 milioni di dollari di sanzioni.