Società

David de Rothschild: il fascino dell’esploratore

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Il rampollo di uno dei più antichi casati d’Europa ha un nobile obiettivo: diffondere in tutto il mondo il suo messaggio di responsabilità ambientale

A cura di Margherita Calabi

È un instancabile eco-avventuriero, sempre alla ricerca di nuove possibilità per migliorare il mondo intorno a lui. Crede fortemente che non esista un’idea sbagliata se questa può avere un impatto positivo sul pianeta e la sua innata curiosità per la vita, l’umanità e la natura è la scintilla che lo ha portato a realizzare tutti i suoi progetti. David de Rothschild parla in esclusiva a Wall Street Italia.


David de Rothschild fotografato da James Wright

Nell’introduzione del suo libro The Global Warming Survival Handbook (2007) scrive “Sono sempre stato più interessato a quello che succede fuori dalla mia finestra, rispetto a quello che succede all’interno”. Quello che vede fuori dalla sua finestra le dà speranza?
“Sono in Messico con mia moglie e mia figlia appena nata. Sono arrivato agli inizi di marzo per lavoro e ho deciso di rimanere qui piuttosto che tornare in una grande città come Londra o Los Angeles. La mia finestra si affaccia su una riserva biologica sulla costa pacifica del Messico. Vedo un ecosistema con una meravigliosa resilienza e questo mi dà una grande speranza: c’è armonia fra gli elementi di aria, terra, mare, fauna e flora. La speranza è quella di riuscire, come esseri umani, a correggere i nostri errori, a guardare intorno a noi e a capire che siamo parte della natura: se danneggiamo la natura, danneggiamo noi stessi”.

La crisi legata al Covid-19 sta avendo tragiche conseguenze sull’economia mondiale, ma degli effetti positivi sull’ambiente. Qual è oggi la nostra responsabilità come ‘global-sapiens’?
“ll nostro comportamento nelle ultime 12 set- timane, incluso il rallentamento delle nostre abitudini, ha avuto un impatto molto più forte sull’ambiente rispetto a quelle che sono sem- pre state le nostre richieste come ambientalisti. Molti considerano impossibile ridurre il con- sumo di combustibili fossili per diminuire la temperatura globale di due gradi centigradi, ma il nostro comportamento ha dimostrato il contrario. Invece di tornare a seguire il modello di ‘business as usual’ dobbiamo cominciare a valutare un’azienda per il suo impatto sulla società, sul pianeta e sulle persone, dei valori molto più importanti rispetto al generare profitto ad ogni costo”.

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Come essere umani impareremo la lezione o continueremo a commettere gli stessi errori?
“Da un punto di vista ambientale, c’è molto da imparare. La domanda è: siamo in grado di capire la nostra vulnerabilità? Tornando al concetto inziale, dobbiamo cambiare il nostro punto di vista da ‘salviamo la natura’ a ‘salviamo noi stessi’. Come esseri umani abbiamo l’abilità di fare cose meravigliose quando siamo motivati.
In questo momento i governi potrebbero agevolare le aziende dando loro delle priorità – rinunciando alla percentuale del loro debito e abbassando i loro tassi d’interessi sul credito – se queste riuscissero a passare ad un modus operandi più resiliente e prepararsi per il futuro. Sono emozionato: questo lockdown porterà grandi cambiamenti. Nell’aria c’è positività, creatività, molte persone che hanno avuto la possibilità di fermarsi e riflettere cominceranno a collaborare in modo diverso, che si tratti di nuove tecnologie o di dare un aiuto alla comunità”.

Ha avuto l’opportunità di passare molti mesi in alcuni degli ecosistemi più fragili del pianeta. Qual è stata l’esperienza più memorabile?
“Ognuna è unica a modo suo. Il progetto del Plastiki è stato certamente uno di questi [per accrescere la consapevolezza sul problema dell’immondizia nell’Oceano Pacifico alla fine degli anni 2000 DdR ha ideato il Plastiki, un catamarano di 18 metri realizzato con 12.500 bottiglie di plastica con cui ha navigato 8.000 miglia, da San Francisco a Sydney, ndr]. Siamo stati 4 mesi in mezzo al mare, è stata una spedizione incredibile, anche per il suo impatto: oggi più che mai il problema della plastica è molto sentito. Quest’estate sarà il 10° anniversario del progetto e rilanceremo il sito web del Plastiki per mostrare alla gente da dove siamo partiti, dove siamo oggi e dove vogliamo arrivare. Stiamo anche pensando di rendere il 7 giugno – un giorno prima del ‘World Ocean’s Day’ – il ‘Beat Plastic Pollution Day’. Stiamo lavorando con partner e istituzioni per fare qualcosa di concreto e significativo”.

Viene dalla dinastia di banchieri più potenti e famosi del mondo. Ci si sarebbe aspettati che Lei continuasse nella tradizione di famiglia. Quando ha deciso di diventare un ambientalista?
“Il nome Rothschild è sempre stato sinonimo con il mondo delle banche. Molti non sanno però che c’è anche una lunga tradizione di esplorazione e zoologia nella nostra famiglia.
Mio cugino Walter è stato un importante zoologo, ha fatto molte scoperte scientifiche che sono state documentate al Natural History Museum di Londra; mia cugina Miriam è stata un’esperta di pulci e ha scritto molti libri su questo argomento. Sono cresciuto in questo ambiente. Sin dalla mia infanzia, i valori che mi sono stati trasmessi sono di fare le cose con integrità, lavorare con determinazione, trattare gli altri con grande rispetto e avere sempre rispetto di quello che si sta facendo e di come lo si sta facendo. Sono sempre stato attratto dalla natura ed è stato straordinario costruire la mia carriera su qualcosa che ho sempre amato”.


David de Rothschild fotografato da James Wright

Come si definirebbe?
“Nel mio mondo ci sono due tipi di persone: gli avventurieri e gli esploratori. Gli avventurieri sono persone che amano il Gore-Tex e sono incredibilmente bravi a sbloccare il loro potenziale umano. Ho una grande ammirazione per loro. Io mi considero un esploratore. Per definizione, un esploratore è qualcuno che è sempre alla ricerca del nuovo. La sua essenza sta nella curiosità: il momento in cui cominci a fare delle domande sul mondo intorno a te, sei un esploratore. La mia innata curiosità è stata la scintilla che mi ha portato a realizzare tutti i miei progetti. La curiosità è il terreno per raccontare delle storie e le storie sono il terreno per ispirare le persone a pensare in modo differente”.

Qual è la sua missione con la ‘Voice for Nature Foundation’ e quali sono i suoi progetti futuri?
“La missione principale è quella di aiutare le persone a cambiare il modo in cui vediamo il mondo tramite l’innovazione, la creatività e la narrazione. Negli anni, abbiamo finanziato progetti focalizzati a ridurre il divario tra l’essere umano e la natura. Un progetto a cui tengo molto, poi, è il ‘Suji Project’ – una comunità globale che pianta mini foreste nelle aree urbane – e sto lavorando con il fondatore per creare una piattaforma che consenta alle singole persone di fare qualcosa per la loro comunità. La sfida è sempre una: creare progetti locali con una missione globale”.

Nel 2015 ha fondato The Lost Explorer, un brand che offre prodotti lifestyle focalizzato sulla sostenibilità e sul benessere. Il vostro claim è quello di essere un’azienda controllata al 100% dalla natura. Come avete sviluppato questo modello di business?
“L’idea, ancora una volta, è quella di valutare un’azienda per il suo contributo alla società, invece che per il suo valore agli occhi degli azionisti. The Lost Explorer è un brand sostenibile e stiamo lavorando con degli avvocati per trasformarlo in una ‘Cause Corporation’. Mi chiedo: se riusciamo a pagare i dipendenti e coprire i costi, perché non possiamo creare una fonte di reddito per l’educazione dei bambini o per l’assistenza sanitaria? Le aziende che stanno crescendo in questo momento sono quelle che guardano al futuro e cercano di aiutare l’umanità, mentre quelle focalizzate solo sui profitti – come l’industria del petrolio – sono quelle che stanno crollando”.


David de Rothschild fotografato da James Wright

È stato nominato ‘Young Global Leader’ dal World Economic Forum. Quali sono le qualità che deve avere un vero leader oggi?
“Non accettare alcun titolo e non basarsi solo sulle proprie opinioni. Se si vuole essere un leader bisogna ascoltare, bisogna avere umiltà. Un titolo fa bene all’ego, ma non rende necessariamente leader. La nostra società ha grandi difficoltà ad ascoltare: dobbiamo ascoltare quello che dice la gente, quello di cui ha bisogno. L’ascolto è uno dei tratti umani più sottovalutati. Oggi, il mondo è gestito principalmente da uomini che non ascoltano. Dobbiamo cambiare questa situazione. Dobbiamo lavorare insieme: la resilienza avviene nella diversità, avviene quando si trovano la forza e un equilibrio che va oltre i con- fini, le culture, le religioni, gli status economici e sociali”.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di giugno del magazine Wall Street Italia.