Nel corso della giornata di lunedì una delegazione cinese guidata dal vicepremier Liu He (in foto) atterrerà a Washington per partecipare, nei giorni successivi, a una serie di incontri che potrebbero rivelarsi decisive per una tregua commerciale con gli Stati Uniti. A negoziare, fra il 30 e il 31 gennaio, ci saranno per gli Usa il segretario del Tesoro, Steven Mnuchin, e il Rappresentante per le politiche commerciali Robert Lightizer.
La finestra temporale è già stata stabilita dai rispettivi presidenti: entro il primo marzo sarà necessario trovare un accordo su nuove regole, presumibilmente con alcune concessioni cinesi nella direzione americana. Altrimenti, senza “cambiamenti strutturali” al modello economico cinese, il presidente Donald Trump ha annunciato l’incremento dei dazi dal 10 al 20% su importazioni cinesi del valore di 200 miliardi di dollari.
L’esito di queste trattative avrà ripercussioni di scala mondiale, ha dichiarato da Davos il direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Roberto Azevedo: “Queste tensioni commerciali non sono solo una minaccia per il sistema, sono una minaccia per l’intera comunità internazionale. I rischi sono molto reali e ci saranno impatti economici”.
Dazi: “ago bilancia spostato dalla parte dei falchi cinesi”
L’aspetto sul quale la Cina si è detta più propensa a cedere nella direzione di Washington sarebbe la disponibilità a importare un maggior valore di beni dagli Usa, al fine di ridurre il consistente disavanzo commerciale degli Stati Uniti. Più lontana la quadra, invece, sullo sfruttamento della proprietà intellettuale, che la Cina “ruberebbe” sistematicamente dagli Usa, secondo le accuse dell’amministrazione Trump.
Altro aspetto cruciale per gli Stati Uniti: qualunque accordo venga raggiunto, dovrà prevedere opportune “verifiche sulla effettiva messa in pratica”.
“Gli Stati Uniti vogliono ampie modifiche al governo delle materie aziendali da parte della Cina”, ha dichiarato a Bloomberg David Loevinger, ex funzionario del Tesoro e Managing Director di TCW Group, “è una cosa molto difficile da ottenere”.
L’aspetto che complica i pronostici, secondo l’ex funzionario, è data dall’imprevedibilità della linea americana. E dal fatto che l’ago della bilancia si è spostato dalla parte dei falchi cinesi. “Non è ancora chiaro cosa potrebbe essere necessario perché gli Usa dicano di sì” all’accordo con la Cina.