La guerra commerciale a colpi di dazi tra Cina e Stati Uniti finora ha inflitto più danni che recare vantaggi. “Le tensioni sono autolesionismo” ha dichiarato a Bloomberg TV stamattina Isabelle Mateos y Lago, Managing Director e global macro investment strategist della squadra di Investment Strategy del BlackRock Investment Institute.
L’analista ha sottolineato come la Cina stia reagendo alle misure concrete intraprese dagli Stati Uniti piuttosto che rispondere agli annunci a se stanti. I mercati finanziari e le grandi aziende internazionali sono preoccupati per le tensioni e “hanno ragione di esserlo“, secondo Mateos y Lago.
La Cina ha pubblicato una risposta dura lunga 1.300 parole alla lista di prodotti Made in China per 200 miliardi di dollari complessivi su cui Donald Trump dice di voler imporre ulteriori dazi del 10%. Pechino ha dichiarato che la manovra “peggiorerebbe seriamente” il contesto di scambi commerciali globale e danneggerebbe le attività delle multinazionali e il potere d’acquisto dei consumatori in tutto il mondo.
Intanto gli ultimi dati pubblicati dalla Cina mostrano un surplus commerciale con gli Stati Uniti da record. Nonostante i dazi già in vigore su acciaio e alluminio, le esportazioni della seconda economia al mondo verso l’America sono cresciute nettamente in giugno. Le attività di export sono salite dell’11,3% rispetto a un anno fa, più dell’incremento del 10% previsto.
Cina, surplus commerciale record: “un’arma a doppio taglio”
Il valore mensile complessivo di beni esportati in Usa di $28,97 miliardi è un record e rappresenta un incremento notevole rispetto ai $24,58 miliardi di maggio, stando ai calcoli di Reuters che si basano sui dati ufficiali pubblicati dalla Cina dal 2008 a oggi.
Secondo Michael van Dulken di Accendo Markets le cifre commerciali della Cina sono “un’arma a doppio taglio“: da un lato sono un dato positivo per l’andamento dell’attività commerciale, ma dall’altro sono anche la conferma del fatto che il governo Trump ha più di un motivo per lamentarsi delle pratiche commerciali sleali di Pechino.
Gli ultimi dati rischiano di infiammare ulteriormente la disputa tra Cina e Stati Uniti. Il mese scorso il ministero cinese del Commercio ha fatto sapere che i gruppi esportatori stavano accelerando le spedizioni di prodotti verso gli Stati Uniti proprio perché anticipavano l’arrivo di nuovi dazi penalizzanti.
Trump, che ha chiesto a più riprese alla Cina di ridurre il suo avanzo commerciale nei confronti degli Usa e che ha criticato le politiche di svalutazione valutaria del governo di Pechino, può citare gli ultimi risultati sul fronte dell’export cinese per esercitare nuove pressioni sulla Cina.
A provocare le ire di Trump è anche lo yuan
La settimana scorsa entrambi i paesi hanno imposto dazi reciproci su beni per un valore pari a 34 miliardi di dollari. Washington ha avvertito Pechino che potrebbe annunciare tariffe su beni cinesi importati pari a più di 500 miliardi di dollari, una cifra che equivale quasi all’ammontare totale di prodotti importati in Usa dalla Cina nel 2017.
L’escalation della guerra commerciale ha innervosito i mercati finanziari questa settimana. Il timore è che una disputa a tutto campo deragli la ripresa dell’economia globale. L’azionario in Cina è ora in una fase di mercato ribassista mentre lo yuan continua a indebolirsi. La Banca centrale della Cina potrebbe intervenire per arginare i cali della valuta nazionale.
David Cheetham, chief market analyst di XTB, ricorda che a provocare le ire di Trump, oltre agli ultimi dati sull’avanzo commerciale, potrebbe essere proprio la progressiva svalutazione dello yuan:
“un altro sviluppo che attirerà con ogni probabilità le ire di Trump è la svalutazione persistente dello yuan cinese, che è impostato per subire la quinta settimana consecutiva di perdite rispetto al dollaro Usa, la striscia settimanale negativa più lunga degli ultimi due anni“.