Matteo Salvini, candidato della Lega alle prossime elezioni politiche, va contro corrente rispetto alla diplomazia e strategia politica dell’Unione Europea quando promette che se vince il suo governo imporrà dei dazi alla Trump. Le parole cozzano con il concetto espresso dall’Europa unita a Trump che si può riassumere in un: “se vuoi la guerra commerciale, che guerra sia”.
Le dichiarazioni sono state criticate da alcuni economisti liberisti e dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, secondo il quale sarebbe un suicidio per il Made in Italy, in quanto l’Italia ha un surplus commerciale notevole, mentre gli Stati Uniti sono in deficit. Una punizione del genere e da Washington nessuno comprerebbe più beni e prodotti italiani.
Gli economisti di orientamento liberista sono impegnati in una campagna denigratoria nei confronti di Trump e delle politiche di stampo protezionista, sostenendo che non sono la soluzione ai problemi, come crescita delle disuguaglianze socio economiche e gli alti livelli di disoccupazione, creati (anche) dalla globalizzazione sfrenata.
Il professore di economia applicata della John Hopkins University Steve Hanke è fra questi. Secondo Hanke Trump e la sua strategia commerciale non hanno senso e dimostrano che il tycoon immobiliare “non ha idea” di come funzionino le pratiche e scambi commerciali. Imporre dazi e tariffe punitive sulle importazioni di pannelli solari cinesi e lavatrici sudcoreane è “l’ennesima prova di una politica commerciale pericolosa e sbagliata da parte degli Stati Uniti”.
“Sbagliata perché si basa su un’analisi economica che non è corretta, pericolosa perché porterà inevitabilmente a una guerra commerciale dalla quale non usciranno vincitori”, scrive il professore di economia.
Se l’amministrazione Trump dovesse imporre misure restrittive sulle importazioni Usa provenienti dall’Europa, Bruxelles non starebbe a guardare senza agire. La minaccia di una rappresaglia, arrivata dalla portavoce della Commissione Europea Margaritis Schinas alimenta i timori di una guerra commerciale transatlantica. In un’intervista con la rete ITV Trump ha detto di “avere molti problemi con l’Ue” e che “potrebbe diventare un problema grosso sotto il profilo del commercio”.
Da un po’ di tempo il governo Usa minaccia di ridurre gli acquisti di acciaio e alluminio dall’estero, per esempio. “L’Unione Europea è pronta a reagire con prontezza e nel modo appropriato a qualsiasi misura degli Usa che penalizzi le nostre esportazioni”, ha detto Schinas oggi ai giornalisti che la interpellavano sulla questione a Bruxelles.
Deficit commerciale Usa provocato da pratiche Stati Uniti
Il deficit commerciale accumulato dagli Stati Uniti dal 1975 – spiega il professore – è di 11.154 miliardi di dollari, mentre il deficit complessivo degli investimenti se si tolgono i risparmi è pari a circa 10.435 miliardi.
Nel grafico sotto riportato si capisce che “Trump può imporre tutte le misure restrittive commerciali che desidera ai suoi partner commerciali ma la bilancia commerciale non ne trarrà comunque giovamento”. Quella che viene alterata sarà invece solamente la composizione di chi esporta beni e prodotti agli Stati Uniti. Così facendo gli interventi del presidente americano finiranno per danneggiare i consumatori Usa.
“Per qualcuno che è ossessionato dalla dimensione del deficit commerciale, è stupefacente che Trump non sia stata avvisato dai suoi consulenti del fatto che la politica fiscale di espansione del deficit di governo finirà per gonfiare anche il deficit commerciale“.
Il deficit, infatti, si ottiene sommando il deficit privato a quello pubblico. Il deficit commerciale è dato dalla differenza tra import ed export totali: agli investimenti del settore privato in eccesso rispetto ai risparmi vanno aggiunti le spese del governo in eccesso rispetto alle entrate tributarie. Significa che “se le spese degli Usa superano le entrate prodotte in Usa, allora le spese in eccesso del governo saranno soddisfatte importando di più ed esportando di meno”.