Gli economisti e analisti come il professore di Business Internazionale Davide Castellani, presso la Henley Business School, stimano che le ritorsioni della Cina possono seriamente minare le attività delle maggiori aziende americane. Il presidente dell’Associazione delle fabbriche manifatturiere (AEM) Kip Eideberg dice che le minacce del presidente Usa sono “una notizia orribile per i gruppi manifatturieri degli Stati Uniti.
Questo avrebbe anche implicazioni politiche domestiche negli Stati Uniti, in quanto ha il potenziale di schierare l’opinione pubblica Usa contro i pesanti dazi imposti da Donald Trump. Ora che dalle minacce a voce si è passati ai fatti concreti, finché una delle due parti non cede, la situazione rischia di degenerare.
“Il rischio di una guerra commerciale a tutto campo tra Stat Uniti e Cina sta diventando sempre più concreto”. Nella più classica delle guerre fredde, “entrambe le nazioni non hanno intenzione di fare concessioni, perché vogliono segnalare all’altra parte che in futuro possono usare a piacimento la minaccia di una guerra commerciale per migliorare la loro posizione negoziale”.
Tuttavia, alla lunga, la posizione politica degli Stati Uniti appare quella più fragile, perché si stanno avvicinando le elezioni di mid-term”. Se da un lato Trump ha un incarico pro tempore, il presidente in Cina può godere di un mandato a vita dopo che il Congresso lo ha rieletto a marzo di quest’anno con 2.970 voti favorevoli, zero contrari e zero astenuti.
Castellani avverte che quando le conseguenze dei dazi – Trump ha appena annunciato che se la Cina non ammorbidisce la sua posizione imporrà nuove tariffe su prodotti cinesi del valore complessivo di 200 miliardi di dollari – si tramuteranno in prezzi al consumo più alti in America e in possibili perturbazioni delle catene di approvvigionamento (effetto del rincaro dei beni e servizi usati per produrre i prodotti venduti poi al consumatore finale), “il parere nei confronti dei dazi potrebbe cambiare” drasticamente.
Multinazionali Usa non accetteranno altri dazi
La Cina è molto meno vulnerabile da questo punto di vista, proprio per via della natura differente del suo sistema politico. Inoltre, la Cina potrebbe ricorrere a misure “qualitative” e mirate, volte a rendere la vita e gli affari difficili alle aziende Usa esposte al mercato in Cina.
Tutto questo spingerà le multinazionali attive in Cina a mettere sotto pressione il Congresso Usa e l’amministrazione Trump.
Rajiv Biswas, chief economist della regione Asia Pacifico presso IHS Markit, sostiene che i gruppi manifatturieri asiatici potrebbero anch’essi subire le conseguenze negative della disputa commerciale tra Usa e Cina.
“Il danno collaterale di un’escalation del conflitto commerciale” tra le due potenze economiche mondiali, sarà diffuso e colpirà molti dei paesi asiatici che fanno parte della catena di approvvigionamento cinese in settori come quello elettrico e dei prodotti di elettronica”.
Da parte sua Sean Callow, senior currency strategist della banca australiana Westpac, sottolinea come gli investitori inizino a innervosirsi per la situazione incerta.
“Iniziamo a vedere segnali di profonda preoccupazione sul mercato ora che le ultime azioni confermano che ci troviamo nel mezzo di una guerra commerciale bilaterale tra Usa e Cina” senza esclusione di colpi.
India e Ue non stanno a guardare
Non c’è dubbio che oggi lo stato d’animo prevalente nei mercati finanziari globali è quello di una certa delusione per il cambio strategico delle politiche del governo Usa. I trader rialzisti erano sicuramente più contenti l’anno scorso, quando gli Usa avevano annunciato tagli importanti alle tasse (vedi maxi riforma fiscale), piuttosto che quest’anno che è entrata in gioco la parte protezionista dell’agenda di Trump.
Sul fronte macro economico, i dati parlano chiaro: il deficit commerciale Usa si è ampliato più delle previsioni in febbraio, ai massimi di nove anni. In vista dell’entrata in vigore dei dazi di Trump, che hanno agitato lo spettro di una guerra commerciale a tutto campo, la domanda di beni importati ha fatto un gran balzo.
Il conflitto non riguarda poi soltanto Stati Uniti e Cina. Anche il Canada e l’India hanno promesso rappresaglie, con l’India che ha espresso l’intenzione di innalzare i dazi su biciclette, mandorle e mele Usa. Quanto all’Unione Europea, a giudicare dalla bozza di accordo che verrà pubblicata nel summit di settimana prossima, intende rispondere concretamente ai dazi di Trump.
Nel testo, che sta facendo il giro delle agenzie stampa stamattina, i leader UE criticano le tariffe imposte dagli Usa contro l’alluminio e l’acciaio. Le autorità Ue dicono di avere in mente un piano per migliorare il funzionamento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che è messa in crisi dai muri protezionisti.