Si intensifica il conflitto a colpi di dazi tra le prime due potenze economiche mondiali. La Cina, che insieme al Giappone in febbraio aveva iniziato a scaricare gradualmente i Treasuries Usa (vedi grafico), potrebbe ricorrere all’opzione nucleare: se dovesse iniziare a vendere o smettere di acquistare il debito americano, avrebbe l’America in pugno. I mercati finanziari stanno già subendo le possibili conseguenze di un’iniziativa drastica del genere.
Le autorità cinesi hanno spiegato che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per rispondere ai dazi imposti dagli Stati Uniti alle importazioni di beni prodotti nel paese asiatico. In una escalation della guerra commerciale lanciata da Donald Trump, Pechino ha già annunciato che imporrà dazi di fino al 25% su circa 3 miliardi di dollari di beni importati dagli Usa, come ritorsione ai dazi su acciaio e l’alluminio, e prepara nuove contromisure da decine di miliardi di dollari (secondo quanto riportato da Global Times) in risposta ai dazi da $50 miliardi annunciati da Trump. L’inquilino della Casa Bianca ha anche promesso che seguiranno altri dazi.
L’ambasciatore della Cina negli Stati Uniti non ha escluso la possibilità che la potenza asiatica riduca le operazioni di acquisto di titoli del Tesoro americani come rappresaglia ai nuovi dazi annunciati da Trump in cento settori diversi, dall’elettronica alle comunicazioni, passando per le calzature e l’IT, per vendicarsi dei presunti furti di segreti e proprietà intellettuali tecnologici della Cina. Oggi intanto entrano in vigore i primi dazi su acciaio (25%) e alluminio (10%).
Dazi Usa, Cina prepara ritorsioni: “tutte le opzioni sul tavolo”
Quando gli è stato chiesto se la Cina avrebbe preso in considerazione una misura drastica di diminuzione degli acquisti di bond governativi statunitensi, Cui Tiankai ha fatto sapere a Bloomberg TV che “tutte le opzioni sono sul tavolo“. “Siamo convinti che una qualsiasi decisione unilaterale danneggerebbe tutti, compresi gli stessi Stati Uniti. Sicuramente recherebbe danni alle imprese americane, ai mercati finanziari e alla vita di tutti i giorni della classe media americana”.
Wallace Cheng, country director per la China presso il think tank ginevrino International Centre for Trade and Sustainable Development (ICTSD) stima che i dazi annunciati contro l’import cinese per Washington sono il perfetto esempio di chi “si tira la mazza sui piedi”. Secondo Cheng “la Cina può imporre una marea di contromisure come ritorsione, per esempio riducendo gli ordini di Boeing, vietando le importazioni di soia e manzo, e così via”.
Sarebbe un brutto colpo per Trump. Se poi i mercati azionari dovessero continuare a perdere terreno – e Wall Street si appresta a chiudere la settimana con cali del 4-5% – il presidente Usa non avrebbe più da giocare la carta dei rialzi di borsa alle prossime elezioni mid-term. Una sconfitta elettorale a novembre comprometterebbe l’azione politica del leader Repubblicano, aumentandone anche le chance di impeachment.
Il portavoce di Trump Raj Shah ha riferito all’agenzia stampa AFP che Trump annuncerà le misure in seguito a “un’indagine sugli sforzi cinesi guidati dallo Stato, che distorcono i mercati, per esercitare pressione e rubare tecnologie e proprietà intellettuale degli Stati Uniti”. Trump firmerà un “memorandum presidenziale per rispondere all’aggressione economica della Cina”.
Ma la Cina è anche il primo creditore straniero degli Stati Uniti con 1.700 miliardi di dollari di debito in mano (dati di gennaio), una cifra che equivale al 19% dell’ammontare complessivo di titoli del Tesoro americano detenuti da entità estere. In termini nominali, il debito federale degli Usa è gigantesco, pari a oltre 20 mila miliardi, il 31,8% del totale nel mondo.