Lo scenario più temuto quando si parla di Brexit è il “No deal” ossia l’uscita del Regno Unito dall’Ue senza alcun accordo formale. Quando si parla di deal invece tecnicamente si fa riferimento all’ “accordo di recesso” tra la Gran Bretagna e l’Ue. Il deal sulla Brexit consta di 585 pagine e riprende gli elementi dell’accordo di massima su alcune questioni prioritarie già raggiunto tra UE e Regno Unito a dicembre 2017.L’accordo inoltre contiene disposizioni in merito alle questioni che erano rimaste in sospeso in particolare la questione della regolamentazione del confine tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord. Vediamo cosa significa, cosa comporta e le conseguenze.
Deal Brexit: cosa prevede
Nell’accordo di recesso si prevede in primis un periodo transitorio dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020 (che potrà essere rinnovato di comune accordo una sola volta, prima del 1° luglio 2020 per un periodo di uno o due anni), nel corso del quale il Regno Unito non farà più parte dell’UE, ma non saranno ancora applicabili le disposizioni del futuro accordo sui rapporti tra UE e Regno Unito.
Nel periodo transitorio, il diritto dell’UE si continuerà ad applicare integralmente al Regno Unito, che però non sarà più rappresentato nelle istituzioni ed organi dell’UE e non parteciperà al processo decisionale europeo. Nel dettaglio durante il periodo transitorio il Regno Unito continuerà a partecipare all’unione doganale, al mercato unico (con tutte e quattro le libertà) ed a tutte le politiche dell’UE. Inoltre Londra dovrà garantire il rispetto tutti gli esistenti strumenti e strutture dell’Unione in materia di regolamentazione, bilancio, vigilanza, attività giudiziaria ed esecuzione, compresa la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Inoltre nel periodo transitorio il Regno Unito dovrà rispettare la politica commerciale dell’UE e potrà negoziare accordi commerciali con paesi terzi che potranno entrare in vigore prima della conclusione del periodo transitorio solo previa autorizzazione dell’UE. Infine si continueranno ad applicare al Regno Unito le disposizioni in materia di politica estera, e di sicurezza comune dell’UE.
Confine tra Irlanda e Irlanda del Nord
In merito al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord si prevede la creazione di un’area doganale comune che comprenderà il territorio dell’UE e quello del Regno Unito (compreso quindi l’Irlanda del Nord), nella quale all’Irlanda del Nord verrà applicato il codice doganale comunitario in modo integrale e quindi rimarrà sostanzialmente nel mercato unico dell’UE. Il Regno Unito d’altro canto rimarrà allineato ad un numero più limitato di disposizioni relative al mercato unico.
L’area doganale comune sarà istituita a partire dalla fine del periodo transitorio previsto dall’accordo di recesso (31 dicembre 2020 o, in caso di estensione del periodo transitorio la data alla quale questo comunque cesserà). Tra l’altro l’accordo prevede che le merci in transito tra Irlanda e Irlanda del Nord non saranno soggette a controlli alle frontiere ma all’arrivo a destinazione (fatti salvi i controlli per animali e tutto ciò che pone questioni veterinarie, per ragioni di salute pubblica). Per le merci dirette nell’Irlanda del Nord provenienti dagli altri territori del Regno Unito saranno necessari controlli in merito al rispetto con gli standard dell’UE.
Le conseguenze
Sono circa 3,2 milioni, di cui circa 700.000 italiani, i cittadini dell’UE residenti nel Regno Unito e circa 1,2 milioni i cittadini inglesi residenti nell’UE che potranno continuare ad esercitare i diritti attualmente garantiti dalle normative europee. Si tratta in particolare di diritti di residenza, del riconoscimento di qualifiche professionali e di prestazioni sanitarie, sociali e pensionistiche.
Le disposizioni relative alla protezione dei diritti dei cittadini UE residenti nel Regno Unito saranno sostanzialmente incorporate nel diritto britannico e i tribunali britannici dovranno fare riferimento diretto ad esse.
Qualora ci fosse incertezza è previsto che le corti del Regno Unito facciano ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’UE per un periodo di 8 anni dall’entrata in vigore dell’accordo di recesso.