ROMA (WSI) – Lo hanno già battezzato “Death Test”, ovvero “Test della morte”.
Si tratta di una semplice analisi del sangue che permetterebbe di calcolare le probabilità di morte del soggetto testato, anche in assenza di malattia, nei successivi cinque anni.
La notizia arriva dalla Finlandia, con i ricercatori dell’Institute for Molecolar Medicine, Istituto per la medicina molecolare, che hanno scoperto che, nel momento in cui vengono considerati nel loro insieme, quattro “biomarcatori” dell’organismo umano indicano un livello generale di “fragilità”, che permette di valutare il rischio di morte. (a tal proposito si segnala che il biomarcatore è una sostanza misurabile la cui presenza in un organismo è indicativa di un particolare stato di malattia o di infezione. Per esempio, il livello di colesterolo è misurato per valutare il rischio di malattie cardiache).
Con una semplice analisi del sangue è stato rilevato che nei pazienti caratterizzati da malfunzionamento dei biomarcatori il rischio di morte entro i cinque anni successivi è cinque volte superiore.
“Quanto è interessante è che tali biomarcatori riflettono il rischio di morire legato a malattie tra di esse molto differenti, come problemi al cuore o tumori”, ha spiegato il dottore Johannes Kettunen.
Di conseguenza, “riteniamo che in futuro queste misurazioni potranno essere utilizzate per identificare chi appare sano, ma presenta il rischio di sviluppare serie malattie, e dunque per indirizzare (il paziente) verso i trattamenti migliori (a cui sottoporlo)”.
L’esperimento ha osservato 17.000 persone apparentemente sane, per un lasso temporale di cinque anni.
In quel periodo di tempo, 684 sono state le morti provocate da malattie cardiovascolari o tumori: e in tutti i casi, i livelli di quattro biomarcatori presentavano caratteristiche simili. Questi quattro biomarcatori sono l’albumina, l’alfa 1-glicoproteina acida, il citrato e le lipoproteine a bassa densità.
Markus Perola, professore di ricerca presso l’Institute for Health and Welfare della Finlandia, ha parlato di risultati incredibili: “E’ stato incredibile vedere come questi biomarcatori siano riusciti a prevedere il tasso di mortalità”.
Resta però la domanda: “Esiste una questione etica. Chi vorrà conoscere il rischio di morire se non c’è nulla che si possa fare, al momento?”.