La politica economica del governo gialloverde è stata, in particolare agli esordi, giudicata irresponsabile per un Paese come l’Italia, il cui debito pubblico supera il 130%. L’annuncio di una battaglia con l’Europa sul deficit strutturale si è poi ridimensionata. Ma le opinioni sulla sostenibilità del debito pubblico continuano ad essere polarizzate. Sul fronte “pessimista”, si è espressa recentemente Bloomberg, definendo il debito italiano come il grande problema europeo.
Lo stato italiano potrebbe facilmente trovarsi nella condizione di non ripagare i suoi creditori? Anche se l’elevato bagaglio di debito costringe lo stato a mettere da parte buona parte del gettito fiscale per pagare gli interessi sui titoli di stato, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è convinto che l’Italia sia lontana dal rischio insolvenza. In una recente lectio magistralis tenuta alla Columbia University di New York, il titolare di Via XX Settembre ha riassunto le ragioni che rendono solide le finanze italiane. Le ragioni per sentirsi al sicuro sono cinque.
- “La ricchezza privata dell’Italia è una delle più alte del mondo, con un valore patrimoniale di almeno 9 volte reddito pro capite, in linea con i più ricchi della media Ue. Pertanto, il patrimonio netto complessivo del paese è solido e segnala un sistema economico resiliente e liquido”, ha affermato Tria. Va però ricordato che la ricchezza privata può rientrare nella disponibilità dello stato solo se prelevata tramite la tassazione: il che non rassicurerà i possessori di patrimoni, in particolare di immobili.
- Seconda ragione di solidità è ravvisabile nei “tassi d’interesse che scendono al di sotto della crescita media”. Fatto che rende “il debito è solo un apparente onere”. Secondo Tria, “i tentativi di consolidamento eccessivamente zelanti si sono dimostrati controproducenti”, probabilmente riferendosi all’esperienza del governo Monti. L’argomento sui tassi d’interesse inferiori al tasso di crescita media (nominale), è in qualche modo vincolato all’andamento dello spread. Di qui, probabilmente, la moderazione della Legge di Bilancio rispetto alle costose promesse elettorali. Basti ricordare la flat tax al 15% per tutti o la cancellazione della Fornero.
- La stabilità degli avanzi primari. Secondo Tria, il fatto che l’Italia da lungo tempo incassi più risorse dai cittadini di quelle che spende, prima del pagamento degli interessi sul debito, “dimostra che è determinata a ridurre il livello del debito continuamente e progressivamente”. Anche qui, i dubbi emergono su quanto avanzo primario sarebbe ottimale per conseguire una riduzione del debito che però non gravi sulla crescita economica.
- “In quarto luogo”, ha affermato Tria, “il debito italiano presenta un profilo temporale, una struttura di duration e un costo medio particolarmente favorevole, concentrato per il 72% in obbligazioni a lungo termine e un tasso medio di sostituzione di 6,7 anni. Inoltre, il debito è detenuto per il 70% da residenti italiani”.
- Quinta e ultima ragione per la quale il debito italiano non è considerato a rischio sarebbe rappresentata dal giudizio stesso dei mercati. “Nonostante l’imminente conclusione dell’allentamento quantitativo (Qe), il costo medio del servizio del debito è diminuito (nel 2018 l’Italia ha emesso 390 miliardi di euro di titoli di stato ad un costo medio di emissione dell’1,07%) e Credit Default Swap e gli spread sono rimasti ben al di sotto dei livelli precedenti al “whatever it takes” di Mario Draghi”.