Economia

Debito pubblico italiano in discesa. Quanto durerà? Intervista a Mazziero

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Nuovo record storico per il debito pubblico italiano, che nell’ottobre 2022 ha toccato quota 2.771 miliardi di euro. Tuttavia, a novembre dovrebbe scendere a 2.760 miliardi, per poi risalire fra gennaio 2023 e giugno 2023, quando supererà i 2.800 miliardi. Lo dicono le stime di Mazziero Research, diffuse ieri. Abbiamo intervistato sul tema Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research.

Mazziero debito pubblico italiano
[/media-credit] Fonte: Mazziero Research

Secondo le previsioni del Mef, l’Italia dovrebbe chiudere il 2022 con un rapporto debito/Pil in calo del 3,33% rispetto al 2021. Come mai?

Oltre al debito vi sono altri due fattori che contribuiscono al rapporto debito/Pil: la crescita del Prodotto interno lordo e l’inflazione, dato che il valore del Pil utilizzato è quello nominale che comprende anche l’aumento dei prezzi. Il debito nel 2022 dovrebbe aumentare di circa il 3,5% rispetto all’anno precedente, la crescita del Pil al netto dell’inflazione dovrebbe essere tra il 3,7 e il 3,9% a cui si dovrebbe sommare l’inflazione; questo dovrebbe contribuire alla riduzione del rapporto debito/Pil, che potrebbe anche essere superiore al 3,33% indicato dal Mef.

Nel 2025, il rapporto tra deficit e Pil dovrebbe scendere al 139,3%, rispetto al 145,4% del 2022. Le sembra una previsione realistica?

Sono tante e tali le variabili a livello nazionale e internazionale che possono condizionare l’economia da qui al 2025 che è come cercare di prevedere pioggia o sereno al prossimo ultimo dell’anno. Tutto può succedere, è giusto tracciare una traiettoria, ma al tempo stesso è meglio non farvi troppo affidamento.

Mazziero Research prevede che il debito pubblico italiano potrebbe superare i 2.800 miliardi entro giugno 2023. Sarà colpa della recessione o ci sono altri fattori in gioco?

Attualmente il debito pubblico si trova a 2.770 miliardi, pur di fronte all’usuale discesa di fine anno, il livello di 2.800 miliardi è molto vicino e secondo le nostre stime sarà superato ben prima di giugno 2023. La spesa pubblica è comunque in aumento e i sostegni a imprese e famiglie per il caro energia continuano a gravare sui conti pubblici. Un’eventuale recessione, che ancora non si vede, aggraverebbe ulteriormente i conti pubblici a causa di un minor gettito fiscale.

Qual è l’impatto dell’inflazione sui conti pubblici?

L’inflazione tende ad avere impatti positivi e negativi sui conti pubblici: l’aumento dei costi delle merci tende naturalmente a far aumentare il gettito Iva, ma peggiora i costi relativi alle forniture alla pubblica amministrazione. Le pensioni sono soggette a un meccanismo di adeguamento al costo della vita e questo aggrava la forbice tra contributi versati e pagamento delle prestazioni, infatti i contributi sono proporzionali agli stipendi, che restano abbastanza stabili.

Dell’effetto benefico dell’inflazione nel rapporto debito/Pil ne abbiamo già parlato, ma dobbiamo pensare anche all’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato a causa del rialzo dei tassi, e questo aggrava la spesa per interessi, che sottrae risorse preziose alle casse dello Stato.