Debito pubblico tra i più alti del mondo e crescita delle popolazione tra le più basse d’Europa. Un mix esplosivo, quello che caratterizza l’economia italiana, che non promette niente di buono guardando avanti negli anni. A meno che non si varino le riforme necessarie per un rientro del debito senza sacrificare l’espansione dell’attività economica e i miglioramenti ancora insufficienti visti nel mercato del lavoro. Ad accendere i fari sul problema, è un articolo di Federico Fubini sul Corriere Della Sera, in cui l’autore snocciola qualche numero per capire meglio i rischi delle prossime generazioni:
Il debito pubblico suddiviso per ciascun persona in età “attiva” (fra i 15 e i 64 anni) salirà a 103 mila euro in Italia nel 2040, mentre in Francia sarà cresciuto a 82.000 euro, in Germania a 65.300 e in Spagna a 65.300.
Il metodo seguito in questa ricerca- spiega l’autore si basa – incrociando le proiezioni dell’ufficio statistico Eurostat sulla popolazione — basate su natalità, mortalità e tendenze migratorie — con lo sviluppo dei volumi del debito pubblico a diversi tassi di progressione.
Questi quattro Paesi sono uniti da una vicenda comune: fra il 2014 (Italia) e il 2017 (Germania) raggiungono la quantità massima di popolazione in età potenzialmente «attiva», dopo la quale inizia un declino e solo in Francia è lieve. In Italia questo gruppo di persone potenzialmente produttive cala del 13,5% da oggi al 2040, cioè dello 0,6% ogni anno. In Spagna va giù del 12,8%, in Germania del 10% e solo in Francia dell’1%. Significa che in media il debito pubblico per persona che potrebbe lavorare in Italia sale di quasi 10 mila euro a 67.800 euro, anche nell’ipotesi che il volume finanziario dei titoli di Stato resti immobile ai 2280 miliardi di oggi (negli altri tre Paesi aumenta al massimo di 5 mila euro per abitante «attivo»).
Questi – avverte l’autore – sono scenari ottimistici. Il governo italiano – in qualsiasi modo verrà formato – è avvisato.
Se si immagina che il debito in Italia salga dell’1,9% l’anno (pari all’inflazione media da inizio secolo), il debito pubblico pro-capite sale poco sopra 100 mila euro. Ma naturalmente non tutte le persone fra 15 e 64 anni lavorano: tolti gli studenti, oggi il tasso di occupazione è al 58%. Nell’ipotesi fiduciosa che il tasso di occupati nel 2040 sarà cresciuto al 68%, allora vivranno in Italia 22,8 milioni di persone produttive e il debito pubblico suddiviso sulle loro spalle sarebbe a quota 152 mila euro per ciascuna. Si potrebbe andare avanti: per esempio, fra 22 anni il debito pubblico pro-capite per lavoratore in Italia sarebbe di 178 mila euro, nel caso che non si facciano altre riforme e il tasso di occupazione resti pari all’attuale.
Con questi numeri – sottolinea l’autore mandando un messaggio molto chiaro ai legislatori in vista delle elezioni politiche del 4 marzo – i partiti non possono più permettersi di improvvisare.
Con questo debito e questi squilibri demografici, anche solo un po’ di disattenzione alla finanza pubblica, un’erosione del surplus prima di pagare gli interessi e nuovi ritardi nella modernizzazione del Paese possono far si che fra 20 o 22 anni ogni lavoratore debba sostenere in media circa 180 mila euro di debito pubblico: l’equivalente di un mutuo-casa.
.