I Pir spariscono dal decreto crescita. Nella versione bollinata del Dl atteso per la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della norma che introduce correttivi ai piani individuali di risparmio non v’è traccia. Era stato MilanoFinanza il primo a parlare di una norma, l’articolo 13 per l’esattezza, dedicato ai nuovi Pir, gli strumenti di investimento nel venture capital e nelle piccole e medie imprese, depotenziandoli in maniera significativa.
Nel dettaglio si prevedevano diversi step per arrivare alla soglia obbligatoria che i fondi comuni dovrebbero investire in pmi e venture capital per ottenere le agevolazioni fiscali, partendo da un iniziale 0,71% nel 2019, per poi salire gradualmente al 2,14% nel 2020 e al 5% nel 2021. Al centro della proposta c’è la volontà di far crescere il segmento delle piccole e medie imprese di Piazza Affari, l’Aim. E in tal senso il governo mira a includere almeno i due terzi dell’Aim fra le società investibili dalla nuova normativa.
Tuttavia la maggioranza di governo si era mostrata contraria a questa formulazione a step insistendo sulla necessità di partire da subito con la soglia massima. La norma prevista in una prima bozza del decreto crescita, quella entrata in consiglio dei ministri lo scorso 2 aprile e approvata salvo intese, per il momento salta.
I piani individuali del risparmio sono una concretissima chance di superare il sistema finanziario italiano eccessivamente banco centrico. Costituiscono un valido strumento di finanza alternativa per far confluire investimenti diretti all’economia reale, alternativo al sistema tradizionale del credito bancario.
Così Massimo Severoni, Presidente di Microcredito Italiano critica la scelta di cancellare la rimodulazione graduale dei pir dal decreto crescita.
Anacronistica e inspiegabile la decisione di togliere la norma sui piani individuali del risparmio (pir) dal decreto crescita. Ci auguriamo sia solo un momento di approfondimento alle battute finali per poi reinserirlo nel decreto