In origine erano 10 articoli a cui poi se ne sono aggiunti quasi 100 scatenando le ire del Colle. Così il Decreto semplificazioni arriva in Aula snellito per volere della maggioranza che ha intercettato malumori da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
A riportare il dietro le quinte del provvedimento del governo che in corso d’opera è diventato un decreto omnibus è il quotidiano La Repubblica. Il problema principale è che nel provvedimento sono confluite tantissime misure diverse tra di loro. Da qui le denunce delle opposizioni e l’arrivo del testo al Colle che si sarebbe infuriato.
Già domenica sera è scattato l’allarme rosso. I parlamentari grillini hanno ricevuto un whatsapp ultimativo dell’ufficio comunicazione guidato da Rocco Casalino: «Attenzione — si leggeva nel testo — ci sono dei grossi problemi col Quirinale sul dl semplificazioni. Salviamo gli emendamenti A, B, C, D e gli altri li destiniamo a un altro intervento».
Senza fare troppe storie. “Perché Mattarella era piuttosto adirato. Così ha preso forma la correzione che ha riportato il decreto legge, all’esame del Senato, nei binari delle regole costituzionali. «A tutela del Parlamento» dicono al Colle”. Delle sue prerogative. In modo che le Camere non diventino dei votifici di misure decise in altre sedi o meglio nelle sedi dei partiti di governo. Il decreto era passato da 20 articoli a 82, con aggiunte completamente disomogenee.
Da qui la cura dimagrante forzata per il testo, che prevede anche una norma su blockchain e smart contract. Restano la proroga del prestito ponte Alitalia fino al 30 giugno, il ritorno all’Ires agevolata per il terzo settore e le facilitazione per la posa della fibra per la banda ultralarga, la moratoria sulle trivelle e la regionalizzazione delle concessioni idroelettriche, spariscono la proroga della sospensione fino al 2 dicembre 2019 delle tasse dovute dai contribuenti colpiti dal crollo del ponte Morandi, la stretta anti-Xylella.
Anche dopo i tagli, ipotizza il quotidiano diretto da Mario Calabresi, “è possibile che rimangano in piedi profili di incostituzionalità. Dal momento che qualche norma potrebbe non corrispondere alla finalità del testo, “come deve essere per i decreti che rispondono ai criteri d’urgenza”.
Secondo il calendario dei lavori, il provvedimento dovrebbe essere approvato da Palazzo Madama in settimana e poi passare alla Camera e poi la conversione in legge è attesa entro il 12 febbraio, pena la sua decadenza.