Società

Default Grecia e uscita dall’euro sarebbero come un salto nel buio

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New York – Il futuro della Grecia pare ormai segnato e c’e’ il rischio crescente di rivolte sociali. L’accordo raggiunto a Bruxelles dai leader europei non solo non ha risolto la crisi ma, anzi, ha aggravato la situazione nell’area euro.

Responsabili di aver fatto previsioni troppo ottimistiche, con la complicita’ del governo greco le autorita’ europee hanno firmato la condanna al default del paese. Se a questo evento si unisce l’uscita dall’euro di Atene, per il blocco a 17 sara’ come fare un salto nel buio. Solo l’ennesimo salvagente carico di nuovo debito della banca centrale europea potrebbe raddrizzare la rotta e avere un effetto placebo sui mercati.

E’ il concetto espresso da Marco Onado docente senior al Dipartimento della Finanza dell’Universita’ Bocconi di Milano, il quale in un’intervista concessa a Wall Street Italia spiega come le banche europee – il vero cuore del problema piu’ anche dello stesso debito sovrano – non verranno mai lasciate fallire. A meno che non venga rivoluzionato il sistema capitalistico attuale. La soluzione va dunque ricercata altrove.

“L’uscita dall’area euro e il default ordinato sono eventi che non si e’ mai visto come funzionano. E’ un’incognita totale”, ha osservato il redattore del sito LaVoce.info. Se persino la stessa Troika ha ammesso che il nuovo piano da 130 miliardi di aiuti ad Atene potrebbe rivelarsi insufficiente a centrare l’obiettivo di rientro del rapporto debito/Pil al 120% entro il 2020, e’ chiaro che Atene si trova in un punto di non ritorno.

Il tutto mentre incombe come un macigno il peso delle ingiustizie sociali, che scateneranno rivolte e scioperi di massa. Ormai siamo al paradosso: a 64 mila dipendenti (insegnanti, impiegati pubblici e del comune), per citare un caso esemplare su tutti, verra’ chiesto di lavorare senza stipendio o addirittura pagare per conservare il loro posto di lavoro.

Se la situazione e’ diventata piu’ critica negli ultimi tempi e’ per via di imperdonabili errori di valutazione: “tutti i piani approvati erano basati su ipotesi troppo ottimistiche”. “Non era difficile prevedere che a forza di provvedimenti sempre un po’ indietro rispetto alla gravita’ della situazione si potesse arrivare a questo punto. Non so se e’ corretto dire che ormai la Grecia e’ insolvente. Di certo la situazione si e’ aggravata”.
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Quanto all’Italia l’ultima manovra salva-paese ha avuto un importante effetto di stabilizzazione per noi e per l’Europa, ma “ora bisognera’ vedere quale sara’ il prossimo giro di riforme” per rilanciare veramente l’economia e liberarla dalle catene della rigida austerita’.

Il futuro della Grecia ormai e’ segnato (ha un Pil destinato a diventare come quello dell’Egitto in due anni e della Nigeria nel 2016). Cosa succede ora nell’area euro? Quali scenari si aprono?

“Il default ordinato di un paese dell’unione monetaria e’ una cosa molto difficile, nessuno lo ha mai visto. E’ un’incognita totale. Il problema e’ che la situazione era abbastanza chiara fin dall’inizio. Tutti i piani che erano stati approvati erano basati su ipotesi troppo ottimistiche”.

“Ad esempio il fatto che la Grecia potesse mettere in atto un programma di privatizzazioni per 50 miliardi di euro, come era scritto nel piano precedente”. Era irrealistico metterlo in atto in poco tempo, essendo “pari al 20% del Pil. Basti pensare che in Italia era del 10% in dieci anni con i mercati euforici degli Anni 90. Erano chiaramente delle cifre troppo ottimistiche. Si sperava che nel frattempo la situazione si sarebbe risanata ma cosi’ non e’ stato”.

“In generale e’ comunque presto per parlare, aspettiamo la fine del mese. Bisognera’ vedere cosa succedera’ con l’ulteriore massiccia iniezione di liquidita’ da parte della Bce”, si parla di 1 miliardo di euro in aggiunta ai 500 milioni”.

Intanto pero’ si corre il rischio che si scatenino rivolte sociali.

“Si credo si possa parlare di rivolte sociali. Si aprono tutte le contraddizioni del caso. Dicono le cronache che il livello di evasione fiscale e’ rimasto molto alto. Tutte queste cose aumentano le ingiustizie”.

Le banche europee sono il vero problema, piu’ del debito sovrano. Perche’ non vengono lasciate fallire?

“Non si puo’. Abbiamo visto cosa e’ successo quando hanno lasciato fallire Lehman (Brothers). Non ci pensano neanche. Al punto in cui siamo non so neanche dire se sia la soluzione piu’ giusta. Il concetto di giusto e’ molto sfuggente in queste situazioni. Bisogna distinguere tra quello che si puo’ e non si puo’ ragionevolmente fare”. Il fallimento appartiene a un sistema capitalistico perfetto, in cui evidentemente non ci troviamo.

Con il Fiscal Compact (o Meccanismo Europeo di Stabilita’) dal primo gennaio 2013 l’Italia perdera’ la sua sovranita’ di spesa per i cittadini e aziende: lasciandoci a zero di ricchezza netta. Dobbiamo rassegnarci a una mancanza di democrazia nel processo decisionale?

“Andrei piano prima di parlare di mancanza di democrazia bisogna pensarci dieci volte. Quando l’Italia ha deciso di aderire sapeva. Quando abbiamo deciso di fare l’unione monetaria abbiamo rinunciato a una (certa sovranita’)”.

A questo punto bisogna allora lasciare i cittadini decidere chi mandare al potere in Europa. Si dovevano creare fin da subito gli Stati Uniti d’Europa.

“Una cosa alla volta”.

Le riforme di Monti volute dalla Bce sono state accolte da un eccesso di entusiasmo e non potranno da sole risolvere la crisi. Le misure di austerità basteranno?

“Dal punto di vista delle misure fiscali direi di si, il problema e’ il rilancio dell’economia. Che ormai non e’ piu’ un problema soltanto italiano ma anche un europeo”.

Ci vogliono riforme politiche che garantiscano stabilità. Quali?

“Queste misure hanno un grosso effetto di stabilizzazione per il paese e per l’Europa. Non credo ci sia consenso sul fatto che i miliardi (del decreto Salva Italia, varato a dicembre) siano considerati sufficienti. Bisogna vedere quale sara’ il prossimo giro di riforme”.

A questi livelli di tassi di interesse, l’Italia riuscira’ a rifinanziare il suo enorme debito sul mercato (400 miliardi in scadenza sul primario nel 2012)?

“Questo mi sembra che non sia un problema”, ora che le tensioni sui mercati sono rientrate.