Nonostante le politiche protezionistiche perseguite dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, lo squilibrio commerciale di Washington con Pechino continuerà ad espandersi nei prossimi anni. Ne è convinto Stephen Roach, ex presidente non esecutivo di Morgan Stanley in Asia, ora professore all’Università di Yale.
Una convinzione alimentata dal fatto che il disavanzo commerciale degli Stati Uniti con la Cina e altri paesi riflette fondamentalmente “il fatto che non risparmiamo abbastanza”, ha spiegato Roach in un’intervista alla CNBC. Nel 2017 il disavanzo americano con Pechino è aumentato ancora e ora il 65% del surplus commerciale della Cina è con gli Stati Uniti dopo che l’avanzo è cresciuto del 10% nel 2017. Trump ha in più occasioni espresso preoccupazioni per l’andamento galoppante del disavanzo commerciale nei confronti di Pechino.
“Quando non si risparmia e si vuole spendere e crescere, si finisce per importare surplus di risparmi dall’estero. In pratica si usa la bilancia dei pagamenti per attrarre capitali dall’estero”, ha detto al CNBC lunedì all’annuale Forum per lo sviluppo della Cina. “È così che funziona sempre.”
Ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti è uno dei principali obiettivi politici di Trump, secondo cui tale disavanzo danneggerebbe la creazione di posti di lavoro in America, pesando in ultima istanza sulla crescita complessiva.
Ma molti economisti, tra cui Roach, dicono che gli squilibri commerciali non sono una buona metrica per misurare la salute economica poiché sono influenzati da una varietà di fattori macroeconomici:
“Il deficit commerciale bilaterale degli Stati Uniti è davvero privo di significato”, ha detto Roach. E il taglio delle tasse di Trump da $ 1,5 miliardi, approvato a dicembre, è improbabile che cambi lo status quo.
Anzi. Quest’ultimo, secondo Roach, spingerà in alto il rapporto debito/Pil tra l’1 e il 2%.
Parlando dei venti di guerra commerciale tra Cina e Usa, Roach ha poi concluso che per Pechino lo strumento in mano più potente per difendersi dai dazi Usa resta quello di vendere obbligazioni di stato americane. Ma la Cina potrebbe anche ricorrere a un’altra opzione nucleare, attaccando direttamente l’azionario statunitense, potendo prendere di mira anche singoli gruppi come Apple e Boeing, i cui affari dipendono tanto dalle attività svolte nella potenza asiatica.
Quando i paesi stranieri accumulano un surplus commerciale nei confronti degli Usa, accumulano di fatto asset denominati in dollari. Un’azienda che riceve dollari in cambio dei suoi beni venduti all’America, per esempio, tende a volerli convertire nella moneta nazionale. I dollari accumulati dalle banche straniere vengono convertiti in Treasuries, perché è preferibile avere una fonte di guadagno fissa, cosa che garantisce un investimento nei Bond. Le riserve in valuta straniera (dollari in questo caso) che non fruttano nulla, mentre se con quei soldi si comprano Treasuries Usa, si avrà un reddito fisso, una remunerazione da interessi.
È per questo che si suol dire che gli Usa (paese che non sta mettendo soldi da parte, ma che ha un governo che allo stesso tempo vuole spendere per alimentare la crescita, come spiega Roach) finanziano il loro debito con il deficit commerciale: è grazie al deficit commerciale con l’estero e all’acquisto di beni importati dall’estero in dollari, che le banche straniere alla fine comprano Treasuries, offrendo quindi di fatto un prestito al governo Usa, che ottiene soldi freschi da poter reinvestire. Nel 2017, il deficit commerciale totale degli Stati Uniti con il resto del mondo è balzato a 566 miliardi di dollari.