ROMA (WSI) – Le previsioni di crescita della Commissione europea diffuse ieri per il nostro paese potrebbero anche peggiorare “se non si creano le condizioni per la crescita”, secondo quanto affermato dal Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sui dati macroeconomici diffusi dall’esecutivo comunitario. La Commissione Ue ha previsto per l’Italia una contrazione dell’1,8% per il 2013 e un recupero dello 0,7% l’anno successivo, entrambe stime di poco sotto quelle del Governo.
Il leader degli industriali sottolinea inoltre la presenza di “una situazione di deflazione preoccupante” nel Paese. “Nonostante l’ultimo aumento dell’Iva, c’è l’inflazione in calo: significa che siamo in una situazione di vera e propria deflazione, e questo è preoccupante”. In realtà il nuemro uno della Bce, Mario Draghi, che domani è atteso insieme ai colleghi del Consiglio Direttivo dall’attesa decisione sui tassi di interesse, non sembra altrettanto timoroso per il basso livello dei prezzi in un contesto di crescita fiacca.
Molti si ricorderanno ancora le parole pronunciate in giugno dal banchiere romano: “Non sono sicuro di avere ragione, ma penso di si. Il fatto che l’inflazione sia bassa non è, di per sè, un fatto negativo; con i prezzi bassi, si possono comprare più cose”. L’opinione non è però condivisa da un numero nutrito di economisti, con il premio Nobel Paul Krugman in prima fila tra i critici.
Tuttavia, come dimostrano anche le dichiarazioni di Jonathan Loynes di Capital Economics, la filosofia secondo cui se non puoi sconfiggere qualcosa, devi imparare a conviverci e apprezzarla, si sta pian piano diffondendo nell’area euro.
“Anche se l’Eurozona dovesse entrare in una fase di deflazione, non sarebbe uno scenario disastroso. Ammesso che si tratti di un momento temporaneo, come successo nel 2009, la Bce può sempre dire che sta agendo nei limiti del suo mandato per mantenere I prezzi “sotto, ma vicino, al 2% nel medio termine”. Nel frattempo gli effetti beneifici sui redditi e sul potere di acquisto potrebbero alimentare la ripresa, aiutarndola a contagiare anche l’importane sfera dei consumi delle famiglie.
La deflazione, inoltre, potrebbe contribuire a riconquistare una competività dei prezzi nella regione, con l’Eurozona che da tempo fa fatica a tenere il passo del resto del mondo, aiutando nel frattempo a ridurre gli squilibri commericali interni all’unione monetaria (vedi avanzo commericale esorbitante della Germania, che rischia di incorrere in sanzioni disciplinari), se la riduzione più accentuata dei prezzi dovesse avvenire nella periferia del blocco a 18.