La notizia a primo acchito pare positiva: le autorità europee si stanno muovendo per tempo per poter avere pronto entro fine anno un piano che impedisca alle nuove entità “too-big-to-fail” del sistema finanziario di fare crollare tutto, come avvenuto con la crisi dei mutui subprime. I problemi vengono quando si va più a fondo.
Siccome i soldi di correntisti, obbligazionisti e azionisti non basterebbero per impedire il diffondersi di un contagio in Europa nel caso in cui scoppi una crisi dei derivati, Bruxelles sta studiando un piano B. Solo Deutsche Bank ha in portafoglio strumenti finanziari derivati per un valore superiore ai 40 mila miliardi, 14 volte il Pil della Germania e quasi tre volte il Pil dell’Eurozona.
Motivo per cui le autorità europee stanno cercando un modo per rispondere a un’eventuale crac dei derivati: utilizzare i soldi dei contribuenti per risolvere il nuovo grande problema della regione, che nessuno ha colpevolmente saputo prevedere.
Le regole europee del regime di bail-in in vigore da inizio anno prevedono che a partecipare ai piani di salvataggio di una banca in crisi siano obbligazionisti subordinati, azionisti e correntisti con più di 100mila euro depositati. Ma il problema dei derivati è semplicemente “too-big-to-fail” e troppo grande per essere risolto facendo ricorso a un tale piano.
Come riportato da Bloomberg, che ha visionato una prima bozza del progetto, i tecnocrati dell’Unione Europea hanno in mente di dare ai governi pieni poteri per risolvere la crisi dei derivati e evitare il crac degli istituti e delle stanze di intermediazione finanziaria, in modo da prevenire che un singolo fallimento mandi allo sfascio l’intero sistema finanziario interconnesso.
La bozza della proposta entra nel dettaglio: dalla creazione di un’autorità incaricata delle risoluzioni, ai poteri che avrebbe nel chiudere una società o un intermediario finanziario alle prese con un problema legato ai derivati (sono affrontate svalutazione del debito e gestione dello stesso, così come l’uso del collaterale usato come garanzia).
L’Unione Europea ha intenzione di avanzare ufficialmente la proposta di risoluzione entro fine anno.
Lo stato di salute e la solidità degli intermediari finanziari, come le CCP e le banche, sono diventati un tema caldo dopo che si è aperta la battaglia per i servizi finanziari di Londra in un mondo post Brexit. Per esempio LCH, con sede a Londra, è il maggiore gruppo che offre servizi ai mercati dei derivati.
“Se vogliamo fare sempre più affidamento sulle stanze di intermediazione finanziaria, le CCP” (Central Counterparties, a cui si fa ricorso per i contratti derivati scambiati in un mercato non regolamentato Over-the-counter), ha spiegato il capo dei servizi finanziari Ue Valdis Dombrovskis, “abbiamo bisogno di un sistema di salvataggio chiaro se le cose dovessero mettersi male “.
Dopo lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008, i danni recati dai contratti e dalle transazioni di derivati sono stati enormi e i governi non vogliono che questo si ripeta. Ecco perché da allora hanno fatto dei passi avanti nella supervisione delle transazioni ad alto rischio, per fare in modo che siano controllate e che i debiti vengano estinti.
“Se però queste opzioni non sono sufficienti a salvaguardare la stabilità finanziaria”, si legge nella bozza, “verrà presa in considerazione come soluzione di ultima istanza la partecipazione dei governi, con un sostegno finanziario o con l’ingresso temporaneo nel capitale”, si legge nella bozza.
Il progetto dovrà rispettare le regole di salvataggio pubblico già in vigore in Europa, ma in breve certifica che – vista la dimensione gigantesca del mercato dei derivati – spetterà ancora una volta ai contribuenti salvare la baracca.
Fonte: Bloomberg