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Destra, al peggio non c’e’ fine. Adesso arrivano i “liberi servi”

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Roma – Convitato di pietra, Silvio Berlusconi, al teatro Capranica di Roma, dove Giuliano Ferrara ha riunito i «suoi amici non servili» per quella che deve essere una festa per il Cav ma che in breve è diventata uno j’accuse rivolto «bonariamente» al premier piuttosto che all’uomo Berlusconi. Condite di «quell’ironia che anche la destra giornalistica ha Ritrovato», certo, ma Ferrara le sue frasi le ha dette, anche contro Silvio, chiedendogli, alla fine, una cosa sola: «democrazia invece di autocrazia all’interno del Pdl».

Per arrivarci il giro è stato lungo. Il direttore del ‘Foglio’ è partito dalla disamina della «batosta elettorale», analizzando i risultati di Milano e Napoli, per poi passare alla critica della ragion pratica che sta alla base del berlusconesimo, sorta di religione premieratica in salsa «da cummenda milanese con tratti machisti», non «metrosexual» ma che «ama le donne e le ha promosse anche in ruoli chiave», perchè «di loro si fida».

Insomma, Silvio, dice il suo amico «non servile» Giuliano Ferrara, «non può continuare a comportarsi come il capo di una minoranza o come l’uomo che vuole espugnare le Procure», non può perchè «è il presidente del Consiglio e deve rivolgere la sua attenzione al Paese e al Parlamento». Però, «non devi abbandonarti a noiosissimi monologhi di cui il Paese si è stufato». Altrimenti, ma Ferrara non è così diretto, si perde, consensi e voti, nel Paese e anche nel proprio movimento.

E allora ben vengano le primarie, ma «devono essere semplici». E «rifondare la Dc, finchè lo dice Cirino Pomicino va bene, ma quando lo dice Claudio Scajola, un capo del partito di Berlusconi, è cosa strana». E qui, la platea di berlusconiani del Capranica ha dato il primo segno di sè: qualcuno dall’ultima fila al nome di Scajola ha urlato «espulsione», ma queste cose, lo ha rimbrottato Ferrara, «non si usano più». Per il resto, dalle moltissime teste bianche del Capranica e dalle pochissime espressioni della politica sono arrivati alcuni applausi, ma poca roba e proprio in coincidenza delle frasi più dure nei confronti del premier: libera manifestazione del pensiero, è il sunto, di «amici non servili».

Per la cronaca, tavolo degli oratori composto dai direttori dei giornali “di destra”: Sallusti, Feltri, Belpietro, Ferrara, Sechi e sagoma in cartone a grandezza naturale di Berlusconi; parterre de roi con Cicchitto, Santanchè, Brunetta, Verdini, Meloni e altri deputati e senatori. “Amici non servili” di Silvio Berlusconi, atteso, ma non troppo, verso mezzogiorno. Dopotutto, è stato il commento che circolava in platea, «quando ti fanno la festa sarebbe carino che tu almeno ci andassi».

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Con un giro di telefonate Giuliano Ferrara si è limitato a dare ai suoi amici direttori un suggerimento: «Per domani, un intervento scoppiettante, direi una quindicina di minuti…». Originale adunata quella convocata questa mattina da Ferrara al teatro Capranica, a due passi da Montecitorio: uno dopo l’altro diranno cosa pensano della crisi di Berlusconi e come provare ad uscirne, quattro direttori di quotidiani di centrodestra, Maurizio Belpietro di Libero, Alessandro Sallusti del Giornale, Mario Sechi del Tempo e Vittorio Feltri. E dunque, finita per consunzione la stagione degli intellettuali organici di sinistra, quelli che per decenni firmarono in dosi industriali gli appelli del Pci, si apre ora l’era dei direttori di centrodestra, organici e anche organizzati? Oppure i quotidiani di destra – dopo aver sostenuto a spada tratta Berlusconi, talora fornendogli munizioni per intimidire gli avversari – si ritaglieranno spazi di critica spassionata?

Non tutto è scontato, come dimostra la «locandina» preparata da Ferrara e nella quale si legge in caratteri blu: «Libera adunata dei servi del Cav.». E poi, in rosso: «Festa per il caro amico Silvio, facciamo la festa a Berlusconi». Una voluta ambiguità, un abile dosaggio di termini tra loro contraddittori – servi, facciamogli la festa – che sembrano lasciare lo spazio per analisi spregiudicate. Certo, Ferrara ha tracciato i suoi binari per la discussione: Berlusconi «deve ritirare fuori la sua bella maschera di una vita», «rimettersi il sole in tasca», «il rilancio del governo è impossibile senza la rilegittimazione della sua leadership», che può riprendere quota attraverso l’indizione di primarie. Da tenersi a tambur battente, l’1 e 2 ottobre. Onde evitare che prenda corpo «l’avvizzimento lento, la nebbiolina del trantran».

L’estremo appello al risorgere del vitalismo berlusconiano non potrà non trovare d’accordo i convenuti, ma nel dibattito non tutto è scontato, anche perché alcuni dei direttori non si sono mai troppo amati tra loro e la pubblica ribalta potrebbe solleticarne la vocazione istrionica. Giuliano Ferrara non ha mai condiviso il modo lapidario di far giornalismo di Vittorio Feltri e dei suoi epigoni Sallusti e Belpietro e gli altri tre, tra di loro, non si sono mai risparmiati pubbliche stilettate. All’ultima querelle – quella tra Feltri e Sallusti – ha dato voce persino Dani Samvis, 26 anni, ultima fiamma brasiliana di Paolo Berlusconi, che in una intervista a «Vanity fair» racconta che Feltri avrebbe chiesto per sé la direzione del Giornale e «Sallusti ci è rimasto malissimo». Da parte sua Feltri spiega l’addio a Libero di Belpietro in una intervista a Oggi: «Un’auto non si guida in due, ha un volante solo».

Oggi alle 10 aprirà le danze oratorie il promotore, Giuliano Ferrara, poi diranno la loro i quattro direttori e a quel punto probabilmente – salirà sul palco il presidente del Consiglio. Nel pendolarismo di opinioni che talora lo prende anche nell’arco di poche ore, nella giornata di ieri pare che Berlusconi abbia invece tenuto nel compiacimento per la suggestione delle primarie, che piacciono al Cavaliere soprattutto per un motivo: una volta adottate dalla destra, costringerebbero la sinistra a celebrarle. Spalancando una zizzania interna nel fronte progressista, che nelle speranze di Berlusconi potrebbe contribuire a ridare fiato al centrodestra. Nel frattempo si stanno svolgendo – in mezzo a spettacolari trucchetti – le primarie via Internet promosse da Libero.

Nate più come gioco e come trovata promozionale per il quotidiano, le primarie del quotidiano milanese hanno indotto diverse personalità di centrodestra ad attivarsi nei modi più originali. Uno dei tre ministri di «fascia A» ha telefonato al direttore di Libero per cortesemente chiedergli che il suo nome fosse inserito nella rosa dei votabili. Nella notte tra sabato e domenica scorsa, un boom repentino e molto vistoso (trentamila voti in tre ore) ha improvvisamente gratificato altri due ministri e poiché analoghi effetti estrogeni avevano interessato altri concorrenti, Libero ha deciso di azzerare tutto e ricominciare con regole più rigide.

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