ROMA (WSI) – Tra i sogni nel cassetto da realizzare nella prossima legislatura uno in particolare piace a Luigi Di Maio e riguarda la Cassa Depositi e Prestiti da trasformare, nelle sue intenzioni, in una banca pubblica di investimenti.
“So bene quanto le piccole imprese abbiano problemi di accesso al credito oggi accede al credito chi i soldi li ha già e questo perché le grandi banche stanno abbandonando il territorio, virando sulla finanza”.
Così ha dichiarato Di Maio nel corso di un incontro con gli imprenditori a Termoli ma per il leader a 5Stelle è ora di cambiare.
“Con un meccanismo usato dai francesi e dagli spagnoli e che si chiama banca pubblica degli investimenti. Noi abbiamo la Cassa depositi e prestiti che è una mega banca, anche se non è una banca e che può lavorare in questa direzione. Da lì, dalla Cdp può nascere quel soggetto che si chiama banca pubblica degli investimenti e che cominci a fare investimenti pubblici nelle infrastrutture e fornisca alle imprese l’accesso al credito a tassi moderati”.
Una proposta apprezzata da Carmelo Barbagallo della UIL ma non dalla leader Cgil, Susanna Camusso.
“Il termine banca degli investimenti si presta ad una ambiguità. Il sistema bancario ha di per sé delle regole che sono diverse da quelle di Cdp, che noi continuiamo a pensare debba essere la capacità dello Stato ad intervenire a salvaguardia di settori strategici del Paese”.
A rivelare però tutte le difficoltà nella realizzazione di questo arduo progetto Il Fatto quotidiano che elenca tutte le conseguenze negative che si avrebbero qualora si creasse una banca pubblica di investimenti sotto il cappello di Cassa Depositi e prestiti.
“L’operazione, se portata a termine, rischi di essere addirittura controproducente per effetto delle stringenti regole comunitarie sugli accantonamenti che le banche sono obbligate a fare in proporzione agli investimenti. Per non parlare del fatto che la trasformazione di Cdp in istituto di credito, fondazioni bancarie permettendo, comporterebbe l’obbligo di separare (e quindi cedere) le attività industriali da quelle bancarie. (…) Il percorso è però decisamente in salita perché se Cdp diventasse a tutti gli effetti una banca sarebbe sottoposta alle regole di Basilea III e dovrebbe di conseguenza investire sul territorio meno di quanto non faccia oggi (33,7 miliardi solo nel 2017)”.