ROMA (WSI)- Ecco la terza puntata della serie di dialoghi tra il saggista La Porta e l’economista Scarfone, sui temi di attualità e politica più caldi. Il secondo si intitolava Dialogo sulla riduzione di sovranità, il primo Dialogo tra due persone normali su come sopravvivere alla crisi economica. Nei dibattiti dove traspare un elemento nuovo: per sopravvivere a questa drammatica crisi che ci attanaglia, conteranno sempre piu’ ironia, cultura, buon senso.
I dialoganti, Mauro Scarfone e Filippo La Porta hanno percorso strade assai diverse, che si sono incrociate perché entrambi sono appassionati di musica, vicini di casa con figli nella stessa scuola, e accomunati dalla stessa passione civile, da cui il libro “Sono io a non capire l’economia, o è l’economia a non capire me?”, uscito da poco in libreria per l’editore Portaparole.
Mauro e Filippo sono “convinti che in una democrazia normale i cittadini, per prendere consapevolmente le loro decisioni, devono essere informati sulle questioni economiche”. Da qui nasce l’idea di collaborare con Wall Street Italia. I due si cimentano nella ‘mission impossible’ di far diventare comprensibile una disciplina per i più “esoterica”, commentando la situazione economica italiana in forma di dialogo, prolungamento delle loro “conversazioni del cappuccino”.
Mauro Scarfone: Caro Filippo, nella tua disperata ricerca di altre dimensioni dell’economia oltre l’arido linguaggio dei numeri, hai mai pensato che essa abbia più a che fare con la mitologia piuttosto che con la psicologia?
Filippo La Porta: Già. Penso a tutti quei miti in cui viene punita la hybris, la tracotanza dell’uomo che non rispetta i limiti (da Icaro fino all’Ulisse dantesco). Mi sembra che tutta l’economia si fonda invece su una idea di crescita illimitata. Il che è perfino contro natura. Ma penso anche alla prossimità dell’economia alla musica, che pure si basa sugli aridi numeri, sulla matematica: certi tormentoni sono un “basso ostinato”.
M: è vero! Non sono riuscito a contare gli interventi di Brunetta in cui salmodia il mantra ABOLIZIONEDELLIMUPRIMACASA, talvolta ripetendolo più volte nella stessa frase.
F: Ecco un altro mito: il mito della Casa, sacra, i Lari e i Penati, un mito materno perché la casa è cava, un utero protettivo… E proprio quando abbiamo capito tutti che non c’è riparo! La casa certo è il simbolo di una stabilità e sicurezza cui è umano aspirare, ma sapendo che l’esistenza è instabile, precaria, e chi ritiene il contrario finisce nell’irrealtà, come sapeva Pascal, teologo e (non a caso) matematico.
M: Ti sottopongo un po’ di fatti, per fortuna il Ministero dell’Economia ha pubblicato con insolita (sospetta?) rapidità un rapporto sull’Imu riscossa nel 2012.
L’IMU sull’abitazione principale vale 4 miliardi di euro, pagati da quasi 18 milioni di soggetti, una media di circa 225 pro capite. Circa 3,2 milioni di contribuenti hanno versato meno di 50 euro, altri 8 milioni hanno versato meno di 200 euro. Detta così, non sembra un’imposta particolarmente esosa. Piuttosto, confrontando l’IMU versata con gli scaglioni di reddito (immagino quanto dichiarato dagli stessi contribuenti ai fini IRPEF), dimostra di essere un’imposta regressiva, cioè decresce, in percentuale, all’aumentare del reddito. Questo fa sospettare due cose: primo, che il reddito dichiarato può essere inferiore al reddito effettivo, ma anche, secondo punto, che la Rendita Catastale, su cui l’IMU viene calcolata, è un indicatore imperfetto dell’effettivo valore della casa.
F: allora i sacerdoti dell’ABOLIZIONEDELLIMUPRIMACASA hanno ragione?
M: neanche per sogno. Sarebbe come buttare il bambino con l’acqua sporca. Ho appreso da una Audizione della Banca d’Italia che il rapporto tra valore di mercato e l’attuale imponibile dell’IMU passa da 2 per le case di minor valore a 2,5 per quelle di maggior valore, contribuendo al difetto di equità dell’imposta. Sono certamente necessari degli aggiustamenti, che tengano anche conto di casi particolari (persone che, per vari motivi, posseggono una casa di valore sproporzionato al loro reddito,- che so, l’hanno avuta in eredità,- e ci sono varie proposte sensate per introdurli. Ma, se il nostro obiettivo è l’equità, “una forma di esenzione particolarmente costosa (e regressiva) è quella prevista in molti paesi per la prima casa” (*), per il semplice motivo che, se soddisfa (e non tanto, visti i numeri che ho citato) il 73% di italiani che possiede la casa in cui abita, nulla fa per il restante 27% che deve pagare un affitto, tra l’altro non detraibile dalle tasse. L’ABOLIZIONEDELLIMUPRIMACASA, quindi, peggiora la disuguaglianza invece di correggerla.
F: va bene, mi stai dicendo che l’iniquità del fisco in generale peggiorerebbe se si applicasse il mantra di Brunetta, e che gli elementi d’iniquità dell’imposta potrebbero essere corretti. Ma perché è così importante tassare la proprietà, non è una reliquia dell’ideologia marxista, non ci risiamo con la religione e i miti?
M: se per te Fondo Monetario, Ocse e Comunità Europea sono gli ultimi ridotti dell’armata rossa…
Un’imposta sulla proprietà esiste in quasi tutti i paesi dell’OCSE e in molti paesi non OCSE, è raccomandata da una miriade di studi scientifici come imposta equa (la ricchezza è più concentrata del reddito, un’imposta sulla ricchezza aumenta la progressività del sistema fiscale) ed efficiente (in particolare quella sulla casa ha un impatto limitato sulla crescita e sull’allocazione delle risorse) ed è, per motivi evidenti, difficile da evadere.
Proprio qualche settimana fa il FMI ci ha “fortemente raccomandato” di mantenere l’IMU sulla prima casa per “ragioni di equità e efficienza”, seguito a ruota dall’OCSE. Il saggio Maurizio Gasparri ha prontamente tweettato “su Imu prima casa intollerabile interferenza del Fmi. Si facciano gli affari loro” (chissà quali sono..), Daniela Santanché “…è un attentato della nostra sovranità nazionale!” e finalmente il gran sacerdote Brunetta ha detto la verità “l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa assume un aspetto altamente simbolico di svolta della politica fiscale”, rivelando che è uno slogan, uno specchietto per le allodole, un mantra, un mito appunto, o anche, come hai detto, un “basso ostinato”.
F: ah, si paga dappertutto. Quindi questo mito è un corollario del Grande Mito della Diversità dell’Italia. Però ti obietto: se in Italia ci abbiamo la fissa della casa di proprietà, come ad esempio ci abbiamo la fissa del posto fisso (perdona il bisticcio) o la fissa del pisolino dopo pranzo, tutto questo sarà poco moderno ma ogni legislatore dovrà per forza tenerne conto. L’errore di Gobetti e degli azionisti, che pure ammiro, è stato di volerci “rieducare” a tutti i costi (come del resto il fascismo, che pure gli azionisti hanno combattuto eroicamente)…
M: altroché se si paga. Il mio amico Alberto, ormai quasi svizzero da 15 anni, mi scrive che nel paradiso (fiscale) elvetico si paga una tassa sugli “averi” (proprietà), usata anche come indicatore del reddito effettivo. Il mio amico Andrew mi racconta che per la sua casetta all’estrema periferia di Edimburgo paga 2.500 sterline, e che anche in Inghilterra ci sono stati problemi col catasto del tutto analoghi ai nostri. E in tutti i paesi è una tassa molto odiata perché è difficile da evadere. Più “tutto il mondo è paese” di così! Quindi, non si tratta di far passare la fissa della casa in proprietà agli italiani, semplicemente di far pagare una modesta tassa. Guarda che il crollo delle vendite di case è precedente all’introduzione dell’IMU, e dipende dal costo e indisponibilità di credito, oltre che dall’incertezza sulla propria capacità di ripagarlo.
F: ma l’impatto favorevole del “lasciare i soldi nelle tasche degli italiani”?
M: non so se e quanto tu abbia pagato di IMU, ti dico solo che, specie in questi tempi calamitosi, in cui si parla di ulteriori aggravi sulle pensioni (sono pensionato), di mazzate sull’impiego pubblico (mia moglie è un funzionario dello Stato), di pochi soldi per incentivare l’occupazione dei giovani (mio figlio è disoccupato), risparmiare 2 o 300 euro di IMU non mi spinge ad audaci imprese consumistiche o a spericolati investimenti. E, come me, non penso che incoraggi i 17 milioni di famiglie che o non la devono versare affatto (non hanno la casa) o già pagano meno di 200 euro l’anno, specie se l’ABOLIZIONEDELLIMUPRIMACASA toglie fiato ai comuni per la costruzione di abitazioni popolari e deve essere compensata con tagli alla spesa pubblica (guarda caso sempre sanità e scuola..) o aumenti di altre imposte. Non ti stupirà sapere che neanche per chi dichiara più di 120.000 euro di reddito, risparmiare un’IMU media di 700 euro (stessa fonte MEF citata prima) costituisce un particolare incentivo.
F: sai, mi viene in mente anche un’analogia con un film; come dice Fantozzi della “Corazzata Potemkin” (ma un po’ prima di lui l’aveva già scritto Pasolini, una cosa che pochi sanno), l’ABOLIZIONEDELLIMUPRIMACASA è una “boiata pazzesca”.
(*) Norregaard J. “Taxing immovable property, revenue potential and implementation challenges”, IMF Working Paper 13/129