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Dieci modi per resistere alla crisi

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Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Milano – Che cosa devo fare? Converto tutto in dollari e corone norvegesi? E l’ipotesi del materasso? In questi giorni chi gestisce portafogli e chi di mestiere offre consigli agli investitori è stato bersagliato da domande accorate. Dubbi legittimi, che nascono dall’esperienza della crisi e dalla visione della realtà di ciascun risparmiatore e che meritano, in molti casi, ascolto e approfondimento. Ecco allora la sintesi ragionata delle istanze raccolte da sei operatori italiani ( nelle foto i loro volti ) che hanno voluto condividere gli interrogativi e le possibili idee, elaborate dopo scambi di idee con i loro clienti. Nessuna risposta può offrire certezze assolute, magari qualcuna riuscirà ad aiutare la comprensione della complicata euro realtà.

1 – I miei soldi sono al sicuro se li lascio sul conto in banca? Non cerco alti rendimenti: desidero solo conservare tutto quello che ho
Sulla solidità degli istituti di credito italiani si dibatte da mesi con alterne opinioni. La cronaca dice che le nostre banche sono state più volte ricapitalizzate e che, a differenza di quanto è accaduto in altri Paesi europei e anche negli Stati Uniti, finora non è stato necessario salvarle con risorse pubbliche. Proprio ieri il Financial Times ha ricordato che, nonostante le enormi difficoltà, la situazione del nostro sistema bancario sia molto migliore di quella della Spagna, l’altro big finito nell’occhio dell’ultimo ciclone. La fiducia, insomma, non è ancora compromessa: alcune statistiche circolate in questi giorni dicono che negli ultimi mesi i depositi bancari sono aumentati in Italia e in altri Paesi dell’euro, non in Grecia, dove la gente corre a prelevare i propri risparmi. In Italia chi tiene i soldi sul conto corrente o sui depositi vincolati gode della protezione del Fondo di garanzia fino a 100 mila euro in caso di crac dell’istituto. Certo nelle estreme ipotesi di dissoluzione dell’euro o di un default che possa riguardare solo l’Italia partirebbe la corsa al ritiro, seguita da un periodo di paralisi, di confusione e di difficoltà nel far valere i propri diritti presso le banche.

2 – Qual è il miglior piano strategico per i risparmi in caso di rottura della moneta unica?
In linea di massima, rispondono i gestori, tutti gli investimenti in valuta estera in caso di implosione della moneta unica si rivaluteranno. Questo vale per i bond e le azioni in dollari o in altre monete detenuti direttamente dagli investitori. Ma anche per i titoli esteri posseduti indirettamente da chi, per esempio, è titolare di fondi comuni che investono in questi asset. In linea teorica poi, se il distacco dall’euro dovesse riguardare solo l’Italia (con un ritorno della lira e una ridenominazione/svalutazione di tutti gli strumenti in euro di diritto italiano) i portafogli di altra natura giuridica (per esempio le sicav lussemburghesi con banca depositaria internazionale) potrebbero offrire un ulteriore «cordone sanitario» rispetto alla crisi. Tutte queste ipotesi sono però scolastiche: i gestori sottolineano che nessuno è in grado di prevedere che cosa potrebbe accadere davvero, e che provvedimenti di emergenza potrebbero prendere i governi.

3 – Quanta parte del mio patrimonio posso investire in Btp senza prendere rischi eccessivi?
L’opinione più condivisa è che un portafoglio italiano debba continuare ad avere il 15-20% di Btp. Perché andare a cercare rischi troppo esotici quando abbiamo l’high yield in casa? Il rapporto rischio rendimento dei nostri titoli di Stato è, nonostante tutto, ancora interessante e meritevole di attenzione e valutazione. Nelle giuste quantità, che non sono più, da un pezzo, quelle degli anni in cui tutto era investito in Bot&C. Chi ha creduto nei Btp a fine novembre 2011, comprando a prezzi stracciati e rendimenti stellari, ha portato a casa una piccola vittoria. Adesso che il tempo è peggiorato di nuovo bisogna decidere se rinnovare la fiducia e la scommessa. Per chi non ama il «mordi e fuggi» e desidera tenere fino a scadenza, il consiglio è quello di puntare sui tre, massimo cinque anni.

4 – È possibile abbassare un poco il rischio del mio portafoglio? Mi sentirei più tranquillo
In molti casi ci hanno pensato i gestori, in altri si sono fatti vivi i clienti: negli ultimi tempi chi aveva il 50% in azioni ha chiesto di scendere al 30% e chi aveva il 30% ha chiesto di abbandonare del tutto le Borse per passare, magari, a un mix di corporate bond dal merito di credito elevato e di obbligazioni in valute diverse dall’euro. L’avversione al rischio è cresciuta e spesso viene alimentata da esperienze negative sul fronte della propria attività imprenditoriale e/o lavorativa.

5 – Che importanza devo dare al dollaro americano? Dovrei convertire tutto il mio portafoglio in valuta Usa?
Il dollaro americano è il convitato di pietra di tutte le conversazioni tra clienti e gestori nelle ultime settimane. Mettere tutto in azioni e obbligazioni espresse in biglietti verdi è razionalmente sbagliato, così come lo è tenere tutto in euro o in qualsiasi altra valuta. Se il portafoglio è ben costruito e non sta andando nemmeno male dal punto di vista dei rendimenti, alcuni consigliano di non disfarlo per comprare bond in dollari, ma di «coprirlo» con una «call» nella valuta americana. Cioè con l’acquisto di un’opzione in dollari, una sorta di polizza che mette al riparo il 30-40% del portafoglio. In caso di débacle il contratto derivato entra in azione assicurando un guadagno in grado di compensare quella che, verosimilmente, potrebbe essere la svalutazione di un portafoglio tutto denominato in euro.

6 – Vorrei investire una quota dei miei risparmi nei Paesi emergenti che oggi, mi dicono, sono meno pericolosi: qual è il modo migliore?
L’idea che le Borse e le obbligazioni dei Paesi emergenti in questo momento siano paradossalmente meno rischiose dei mercati europei ha fatto breccia. A chi chiede come andarci viene proposto l’utilizzo del piano di accumulo, cioè dell’investimento a rate in un fondo o in un Etf. Una strategia che consente di evitate l’alta volatilità che, in ogni caso, questi mercati ad alta crescita conservano anche in questo frangente di mondo ribaltato.

7 – Corone norvegesi, dollari australiani, zloty polacchi, renmimbi cinesi: non sono mai stato in questi Paesi, dovrei investirci una parte dei risparmi?
Le tre valute più gettonate dai cercatori di rifugi originali sono il dollaro australiano, quello canadese e le corone scandinave, che di questi tempi attirano l’attenzione più dell’oro. Sono tutte valute che possono rivalutarsi nei confronti dell’euro, al pari dello zloty polacco e della lira turca. Le oscillazioni valutarie però sono per definizione le più imprevedibili dei mercati. Ecco perché chi desidera fare questi viaggi con i suoi risparmi deve scegliere scadenze brevi, emittenti solidi (magari sovranazionali) e non esagerare con le quantità.

8 – Il bund tedesco rimarrebbe l’investimento più solido e sicuro in Europa anche nella malaugurata ipotesi in cui tutto dovesse implodere?
In tutti i portafogli poco rischiosi – e anche in quelli aggressivi – c’è una bella quota di Bund. Nessuno però considera il titolo tedesco a prova di terremoto perché un’eventuale catastrofe dell’euro non lascerebbe indenni le obbligazioni tedesche. Paradossalmente anche un graduale ritorno alla serenità sarebbe pericoloso per chi ha fatto indigestione di Bund. Perché i prezzi dei titoli di Angela Merkel sono così elevati (qualcuno parla di bolla) da rischiare discese piuttosto precipitose in caso di schiarite. Bund? Sì, grazie. Ma (anche in questo caso) non solo.

9 – Negli anni passati le obbligazioni bancarie erano una voce importante del mio portafoglio, adesso sono sempre più rischiose. Come mi devo regolare?
La quota di obbligazioni bancarie posseduta direttamente dalle famiglie italiane ha rappresentato una vera e propria anomalia nel panorama europeo. Oggi chi ne ha molte deve però pesare molto bene le sue scelte: il settore finanziario è il più volatile e, in certi casi, il più gravido di brutte sorprese. Quello che sta accadendo in Spagna, proprio a causa di una banca, ne è l’ultima riprova. Per chi ama questo tipo di bond societari il consiglio è di non superare il 5-10% del totale dei propri investimenti per non esporsi a rischi eccessivi.

10 Da più parti si dice che le azioni sono a prezzi stracciati. Io non vorrei perdere un’occasione, ma ho paura. Che cosa devo fare?
Chi chiede notizie della Borsa è in minoranza, ma qualcuno a quanto pare c’è. Gli investitori sensibili al richiamo delle azioni ai minimi storici devono ricordare che i saldi non sono una ragione sufficiente per comprare. Chi volesse approfittare dei prezzi bassi per entrare deve sempre misurare rigorosamente il proprio profilo di rischio e, magari, utilizzare un fondo flessibile guidato da un gestore capace. In grado cioè di aggiungere o togliere rischio dal portafoglio del fondo in tempi piuttosto rapidi.

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