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Digital services act, termine scaduto. Le mosse di Meta e Amazon

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Termine scaduto per le principali piattaforme hi-tech per adeguarsi al Digital Services Act (o DSA). Si tratta di una legislazione dell’Unione Europea studiata per ridurre la diffusione online di contenuti fuorvianti e prodotti illeciti, intensificare la salvaguardia dei minori e fornire agli utenti un’ampia gamma di opzioni e informazioni più accurate.

Il principio fondamentale su cui si basa tutto ciò è semplice, ma nell’ambito del web si dimostra al tempo stesso complesso da attuare: ciò che è considerato illegale offline dovrà esserlo anche online.

Cos’è il Digital Services Act e gli obiettivi

Il Digital Services Act si applica a tutti gli intermediari che forniscono servizi a distanza attraverso mezzi elettronici o telematici, su richiesta e di solito a pagamento, a destinatari vari. Questo ambito comprende diverse realtà, tra cui i social network, le piattaforme di prenotazione di viaggi e alloggi, i servizi di cloud e hosting web, così come gli app store, i mercati online e i motori di ricerca. L’obiettivo primario rimane invariato nel tempo: creare un contesto digitale sicuro e affidabile, che sia in grado concretamente di salvaguardare i diritti dei consumatori, promuovendo al contempo l’innovazione e la competitività.

Il nuovo regolamento accelera i processi di rimozione dei contenuti illeciti e potenzia la supervisione pubblica sulle piattaforme online, specialmente su quelle ampiamente diffuse che raggiungono oltre il 10% della popolazione europea.

Nel dettaglio, gli obiettivi del Digital Services Act comprendono:

  • Garantire maggiore sicurezza ai consumatori e tutelare i loro diritti
  • Contrastare la diffusione di contenuti illegali, la manipolazione dell’informazione e la disinformazione online
  • Offrire sia ai consumatori che agli operatori commerciali di servizi digitali un ventaglio più ampio di scelte e costi più contenuti
  • Stabilire un quadro normativo chiaro, efficace e prontamente applicabile per quanto riguarda la trasparenza e la responsabilità delle piattaforme online
  • Favorire un maggiore controllo democratico e un rafforzamento della supervisione sulle piattaforme
  • Potenziare la tracciabilità e i controlli sugli operatori commerciali nei mercati online, come controlli per verificare la pubblicazioni di contenuti illegali

Gli obblighi per le piattaforme

Il Digital Services Act classifica le piattaforme intermediarie di servizi in quattro gruppi distinti:

  • servizi intermediari;
  • siti hosting, per esempio i siti cloud;
  • Piattaforme online o Very Large Online Search Engines (VLOSEs) come i social media
  • Piattaforme molto grandi o Very Large Online Platforms (VLOPs) come Amazon o Google

Ognuno di questi con impegni specifici da adempiere entro un periodo di quattro mesi dalla loro assegnazione. Tuttavia, alcune responsabilità fondamentali si applicano a tutte le categorie. Queste includono l’obbligo di presentare chiaramente le condizioni di utilizzo, di fornire informazioni dettagliate sulla moderazione dei contenuti e sull’utilizzo degli algoritmi, di evitare pratiche fuorvianti, di garantire trasparenza nei sistemi di raccomandazione e nelle pubblicità online, di cooperare con le autorità nazionali quando richiesto e di segnalare attività criminali.

Le restrizioni più severe si applicano alle piattaforme online e alle piattaforme di grande scala. Questa categoria coinvolge i servizi digitali con almeno 45 milioni di utenti, corrispondenti al 10 per cento della popolazione europea, tra cui rientrano nomi come Google, Facebook, Twitter e Amazon.

Cosa hanno fatto le big tech per uniformarsi ad DSA: Meta spiega il suo algoritmo, contraria Amazon

Il Digital Services Act introduce quindi disposizioni affinché i social network siano più trasparenti. Per questo, Meta ha costituito un team di oltre 1.000 professionisti per implementare le direttive del DSA. Questo processo è stato inaugurato attraverso la creazione di un Centro di Trasparenza, dove vengono illustrate le operazioni dei sistemi di intelligenza artificiale e il loro intervento nel feed di Facebook e Instagram per proporre contenuti consigliati.

Sul sito del Centro di Trasparenza, Meta spiega proprio come funziona l’algoritmo, che mira a offrire ai suoi utenti contenuti interessanti e divertenti attraverso la sua intelligenza artificiale. Progettato per anticipare contenuti pertinenti e utili, l’algoritmo si basa su una vasta gamma di dati che includono la tipologia di post che l’utente visualizza, la natura dei post (testuali, fotografici o video), l’autore dei post (amici o non), il tempo di visualizzazione, l’interazione tramite Mi Piace e Commenti, l’attività nei Gruppi e nelle Pagine, i messaggi inviati su Messenger, le ricerche effettuate, il dispositivo utilizzato e altro ancora.

Se Meta ha risposto positivamente a questo atto, Amazon invece è scasa in campo contro il DSA. A luglio, il gigante dell’e-commerce statunitense ha presentato un’istanza al Tribunale generale del Lussemburgo sostenendo che non dovrebbe essere considerato come una delle piattaforme online molto grandi, ai quali il DSA impone regole più severe sul controllo dei contenuti digitali. Stessa cosa aveva fatto a giugno la piattaforma e-commerce Zalando.

Anche Twitter, ora X, è una delle aziende che devono sottostare al nuovo regolamento, con la Commissione europea che a dicembre 2022 aveva minacciato il social di Musk a mettersi in regola con le nuove disposizione, o ci sarebbe stato il rischio di oscurare il social media in Europa, oltre ad una multa fino al 6% del fatturato globale. Ad oggi, non è dato sapere se il socila si è uniformato alle nuove regole.

In cosa il Digital Services Act va in soccorso degli utenti

Le piattaforme VLOP e VLOSE quindi hanno l’obbligo di sorvegliare e valutare i rischi sistemici, ovvero le potenziali minacce derivanti dalle loro attività, come la manipolazione delle informazioni, il cyberbullismo o la diffusione di informazioni errate. Devono inoltre implementare misure per prevenire e rimuovere i contenuti illegali, compresi quelli che sono offensivi o dannosi.

Grazie a questo atto, gli utenti rischieranno di meno di essere colpiti da truffe: i siti online, infatti, dovranno specificare meglio chi è la persona che vende un prodotto o offre un servizio, così da aiutare a rintracciare i commercianti disonesti e proteggere gli acquirenti online da prodotti illegali. Inoltre per quanto riguarda le pubblicità, gli utenti riceveranno anche maggiori informazioni sugli annunci che vedono sulle piattaforme online, ad esempio se e perché un annuncio si rivolge specificamente a loro. Le piattaforme inoltre non presenteranno più annunci mirati e nemmeno basati su categorie speciali di dati personali, come l’etnia, le opinioni politiche o l’orientamento sessuale.