La nuova direttiva europea sul copyright, concepita per difendere gli editori tradizionali dall’egemonia delle piattaforme social e i motori di ricerca come Google, rischia di essere controproducente e finire per erodere traffico prezioso dai siti di informazione, in nome di una richiesta di pagamento dei diritti d’autore a chi usa le pubblicazioni protette da diritto d’autore.
Lo sostengono due legali, Simona Gallo, partner di Jenny.Avvocati, e l’avvocato Stefano Casartelli. Di seguito riportiamo il testo dell’intervista integrale a cui i due legali hanno risposto a quattro mani. Sul tema della possibile censura provocata in certi casi – secondo alcuni commentatori verrebbe favorita dall’articolo 13 del testo – per gli esperti di diritto è possibile che “gli algoritmi possano condurre alla rimozione di molti elementi condivisi dagli utenti”.
Cosa rispondete a chi sostiene che l’articolo 11 della direttiva sul copyright sarà alla fine un boomerang per gli editori, visto che Google potrebbe sospendere il servizio Google News (come successo in Spagna)?
È certamente uno scenario possibile. Nella versione approvata dal Parlamento europeo, l’art. 11 impone ai prestatori di servizi della società dell’informazione (come Google) di pagare agli editori una remunerazione equa e proporzionata per l’utilizzo delle loro pubblicazioni. Il servizio di Google sarebbe soggetto a tale norma, in quanto si tratta di un aggregatore di notizie che non fornisce agli utenti solo un semplice link agli articoli, ma anche il titolo ed un’anteprima.
Per sottrarsi al pagamento di tale remunerazione, Google potrebbe chiudere il servizio News, come già accaduto in Spagna, dove è già in vigore una normativa nazionale simile a quella proposta ora a livello europeo (in Germania, invece, dove vi erano state in passato controversie giudiziarie tra editori e Google, il servizio è ora disponibile).
È immaginabile che dalla possibile chiusura di Google News in Europa possano derivare danni maggiori per gli editori che non per Google, la quale ha una notevole forza commerciale e riuscirebbe ragionevolmente a sopportare le perdite dovute alla chiusura della sezione News, che è uno soltanto degli innumerevoli suoi servizi.
Per gli editori, i danni derivanti dalla chiusura di Google News potrebbero essere invece più significativi, in quanto vedrebbero diminuire il traffico sui propri siti ottenuto proprio grazie agli utenti che cliccano sulle anteprime degli articoli. Ciò si ripercuoterebbe, ovviamente, sui ricavi pubblicitari.
È comunque ragionevole ipotizzare che il danno sarebbe maggiore per gli editori che hanno adottato un modello “free” basato unicamente sui ricavi pubblicitari rispetto a quelli (soprattutto di grandi dimensioni) che hanno adottato sistemi di paywall, in quanto questi ultimi ricevono una parte dei propri ricavi online direttamente dagli utenti e non fanno affidamento solo sulla pubblicità.
Ritenete che l’articolo 13 favorisca la censura dei contenuti o comunque di restrizione delle libertà?
Ritengo che sia improprio parlare di censura o restrizione della libertà. Si tratta semmai di una tutela estrema dei titolari del diritto d’autore (ad esempio, editori e artisti).
In linea generale, l’art. 13 prevede che i prestatori di servizi di condivisione online (tra cui, in particolare, i social network) debbano concludere accordi di licenza equi e adeguati con i titolari del diritto d’autore. Se i titolari non vogliono concludere questi accordi, opponendosi quindi alla diffusione delle proprie opere, i prestatori dei servizi di condivisione devono cooperare per garantire che non vengano resi disponibili dagli utenti materiali protetti dal diritto d’autore.
È immaginabile che tale attività verrà svolta tramite appositi algoritmi, stante la mole di contenuti continuamente caricata dagli utenti. Non si può però affatto escludere che gli algoritmi possano condurre alla rimozione di molti elementi condivisi dagli utenti, eventualmente anche quando essi non contengano in realtà alcuna riproduzione di opere protette dal diritto d’autore.