ROMA (WSI) – Il tasso di disoccupazione dell’area euro è sceso ai minimi da agosto 2011 al 10,3%. Il dato di febbraio pubblicato da Eurostat mostra un progresso comunque limitato nel mercato del lavoro della regione ancora in crisi economica. Gli analisti avevano previsto un livello di disoccupazione invariato rispetto al mese precedente, quando la percentuale di senza lavoro era al 10,4% (dati rivisti).
Nonostante gli sforzi dei governi e sopratutto le misure monetarie ultra accomodanti della Bce, il blocco a 19 sta facendo fatica a rivitalizzare la crescita dopo essere uscita dal pantano della recessione ormai più di due anni fa dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano.
Il numero di disoccupati è sceso a 16,63 milioni, 39 mila in meno rispetto a gennaio. Attestandosi al 21,6%, la disoccupazione giovanile rimane molto elevata rispetto alla cifra generale.
“La ripresa sta rallentando”
Al 43%, il tasso più basso è stato registrato in Germania, che ha visto un livello inferiore anche a quello degli Stati Uniti (dove a marzo la disoccupazione è stata del 5%). Nella locomotiva d’Europa la percentuale di giovani senza un impiego si è posizionata al 6,9%.
All’altro estremo si trova invece la Grecia, che ha visto un tasso del 24% dei disoccupati a dicembre – ultimo periodo in cui sono disponibili i dati. Un under 25 su due è senza lavoro, con la disoccupazione giovanile che è stata pari al 48,9%.
Nell’area a 28, l’Unione Europea, la disoccupazione è rimasta stabile all’8,9% in febbraio, con 21,65 milioni di persone che sono rimaste escluse dal mondo del lavoro. Dopo la riunione in cui nel tentativo di raggiungere il target di inflazione del 2% il programma di Quantitative Easing è stato potenziato e tutti i tassi principali di riferimento abbassati ulteriormente dalla Bce, Mario Draghi ha sottolineato come la priorità per tutti i paesi membri dell’Eurozona sia quella di ridurre i livelli di disoccupazione giovanile.
Con il tasso di disoccupazione che rimane su livelli molto elevati, l’incremento dei salari tarda ad arrivare. Nel quarto trimestre, fanno notare gli analisti di Capital Economics, la crescita del costo del lavoro ha subito una frenata, attestandosi al tasso delll’1,3% dall’1,4%.
“Il sondaggio mostra che la ripresa del mercato del lavoro sta rallentando”, dice Jennifer McKeown, economista per l’Europa di Capital Economist. “L’indice di occupazione della Commissione Ue e l’indice Pmi composito (che tiene conto di manifattura e servizi) sono entrambi calati quest’anno”.
Bce pronta a intervenire ancora
I dati sui prezzi alla produzione, scesi del 4,2% a febbraio su base annuale, sono un’altra fonte di preoccupazioni. In gennaio il calo era stato del 3% mentre le stime erano per una contrazione del 4%. Queste cifre significano che le previsioni per l’inflazione sono ancora molto basse e che la minaccia deflativa è quanto mai presente in Eurozona.
Un’altro problema da risolvere al più presto riguarda l’inflazione bassa. Secondo il capo economista dell’istituto centrale di Francoforte, Peter Praet, i bassi prezzi al consumo cronici danneggiano l’economia, minacciando una già fiacca ripresa. Per questo motivo, la Bce è pronta a fare di più per rinvigorire l’inflazione.
“Il prolungato periodo di bassa inflazione nell’area euro ha aumentato i rischi che questo fenomeno diventi cronico, cosa che danneggerebbe gravemente l’economia. E questa è la ragione per via della quale abbiamo reagito così energicamente per garantire il raggiungimento dei nostri obiettivi di stabilità dei prezzi ed è anche il motivo per cui continueremo a farlo in futuro, se necessario”.