Al forum economico di Davos il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin ha parlato del dollaro debole come un fattore positivo per il commercio e per l’economia degli Stati Uniti. Dopo le sue parole, l’indice del dollaro, che misura il valore del biglietto verde rispetto a un paniere di sei principali valute, è sceso sotto la soglia di 90 per la prima volta da dicembre 2014.
Dopo la pubblicazione dei dati macro sull’Eurozona e nell’attesa della riunione della Bce di giovedì, dove Mario Draghi potrebbe dare indizi su cambiamenti della politica monetaria dell’Ue, l’euro è salito ai massimi di tre anni sul dollaro, fino a 1,2315 dollari. Gli investitori hanno venduto il dollaro in parte a causa della preoccupazione per la spinta protezionista del presidente Usa Donald Trump, che nel suo discorso di venerdì a Davos, presenterà la sua agenda per America First.
Trump ha minacciato di ritirarsi dall’Accordo di libero scambio nordamericano, sconfessato l’accordo globale sui cambiamenti climatici e criticato le istituzioni globali, incluse le Nazioni Unite e la NATO. Oltre a Mnuchin, a preparare l’arrivo del presidente a Davos, è stato il segretario al commercio Usa Wilbur Ross, che ha detto che gli Stati Uniti avrebbero combattuto più duramente per proteggere i loro esportatori.
“L’ideologia America First rimane una strategia di rischio per il dollaro – e per un’economia statunitense che si basa sulla “gentilezza” degli Stati esteri per finanziare il suo deficit strutturale esterno”, ha commentato a Londra Vaij Patel, stratega della ING. Il noto investitore statunitense Dennis Gartman, che ha perso diversi soldi per colpa dell’indebolimento del biglietto verde, ha annunciato che sta per chiudere la sua posizione lunga perché “l’abbiamo gestita molto male”.