Il cambio euro – dollaro ha superato la soglia $1,20.
Siamo ritornati al 2017.
La Fed con la fine del QE, aveva già messo in conto un rafforzamento del dollaro. Abilità o condizioni di mercato non hanno fatto verificare il rafforzamento del dollaro. Il commercio Usa ha così potuto ottenere nuova linfa che ha alimentato la crescita del PIL 2017. A tutto svantaggio di Europa e Paesi Emergenti.
Il ritardo del dollaro forte naturalmente non è casuale, come non è casuale la sua materializzazione. Il riscoperto interesse verso le obbligazioni del governo federale Usa che finalmente offre rendimenti interessanti ad utenti diversi dalla FED, ha contribuito a questa ascesa.
A farne le spese sono stati coloro che in questi anni avevano tratto vantaggio dalla situazione: i Paesi Emergenti. Si veda la svalutazione che è stata costretta a effettuare l’Argentina.
I dazi, andando ad agire sulle partite correnti dovrebbero essere un altro fattore che ha alimentato questo rafforzamento della valuta USA.
Il movimento c’è stato, se la situazione si stabilizzasse, ci sono buone probabilità che non ci saranno ulteriori rafforzamenti.
Aldilà degli speculatori, pochi avrebbero interesse a far saltare il mercato con un dollaro che crea squilibri ai paesi Emergenti, motore della recente crescita.
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