Continua la fase di debolezza odierna del dollaro, sceso dai massimi da un anno toccati ieri in scia agli ultimi commenti del presidente Usa Donald Trump sull’eccessiva forza della valuta. Ieri sera, in un’intervista alla Cnbc, Trump ha criticato la linea di politica monetaria della Fed, dicendosi preoccupato degli effetti dei rialzi dei tassi e del dollaro forte sull’economia e sulla competitività delle aziende americane.
Il ‘dollar index’, che mette in relazione il biglietto verde al paniere delle principali divise internazionali, scambia nel primo pomeriggio in area 95,05, dopo essere salito ieri al picco di 95,62. L’euro/dollaro si conferma a sua volta vicino al massimo intraday di 1,1673, oltre una figura sopra il minimo da quasi tre settimane registrato ieri a 1,5750. In flessione il dollaro/yen, scivolato a 112,22 dopo aver toccato ieri un massimo da 6 mesi a 113,18.
Il biglietto verde è comunque indirizzato a chiudere la seconda settimana consecutiva in apprezzamento; negli ultimi tre mesi il saldo è positivo per la valuta Usa è del 5%, grazie alle attese di una prosecuzione del ciclo restrittivo sui tassi da parte della Fed.
“Non pensiamo che il rally del dollaro sia a rischio, in quanto la fase economica è ancora piuttosto forte, sebbene i commenti di Trump abbiano dato un impulso alle prese di profitto” ha commentato a questo proposito lo strategist di Credit Agricole Manuel Oliveri.
Ma quali sono le stime degli analisti nel medio-lungo periodo?
Per BofA Merrill Lynch, il dollaro si rafforzerà rispetto all’euro più di quanto previsto finora. L’investment bank ha aggiornato le sua stime di metà anno sul cambio e ora per fine settembre prevede che l’euro scenderà a 1,12 sul biglietto verde, dal precedente livello di 1,17. Mentre per fine 2018 BofA Merrill Lynch vede il cross a 1,14 da quota 1,20 precedentemente fissata.
Di tutt’altro parere gli analisti di Jp Morgan, secondo cui la moneta verde è destinata ad indebilirsi, tanto che il cambio euro/dollaro potrebbe riportarsi sopra quota 1.35 nel giro di un anno o poco più. Un’opinione che prende le mosse dalla previsioni di una BCE sempre meno accomodante e pronta ad alzare i tassi di interesse. Ad indebolire il dollaro ci penserà, in prospettiva, un deficit fiscale in peggioramento, insieme a una crescita più lenta nel 2019 a causa degli effetti sempre piú sbiaditi dello stimolo fiscale.
Ma JP Morgan non è la sola a sostenere un indebolimento nel medio – lungo periodo del biglietto verde. È della stessa opinione Philip Shaw, capo economista presso Investec, secondo cui il cambio euro/dollaro raggiungerà quota 1,22 a fine anno e salirà fino a 1,30 entro la fine del 2019.