NEW YORK (WSI) – Dopo i controlli dei capitali depositati in Grecia, se la situazione degenererà in Europa si arriverà probabilmente all’imposizione dei controlli di frontiera. È una misura che ha già rischiato di realizzarsi tre anni fa.
A metà 2012, all’apice della crisi finanziaria nell’area euro, con il suo ministro dell’Economia che si lamentava in conversazioni private dello stato pessimo dell’economia francese, l’allora presidente Nicolas Sarkozy ha chiesto formalmente di rinegoziare il trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini europei.
Poco tempo dopo anche la Germania si è unita alle richieste francesi, proponendo – come riportava allora lo Spiegel, di imporre controlli alle frontiere già a partire da giugno di quell’anno. Poi non se n’è fatto nulla, ma le cronache degli ultimi giorni a Ventimiglia sono la dimostrazione delle tensioni crescenti in termini di politiche migratorie in seno all’Ue.
Con gran parte del sistema finanziario mondiale che si basa sulla moneta digitale, il momento esatto in cui i correntisti tenteranno in massa di prelevare i loro soldi dalle banche per convertirli in banconote, il sistema intero potrebbe fare crac.
In tempi di gravi crisi, il maggiore problema che le autorità devono risolvere è impedire ai cittadini di disporre a piacimento dei loro depositi bancari. Per riuscirci il miglior modo, come hanno dimostrato i casi di Cipro e Grecia, è imporre un limite al soldi che possono essere prelevati dai bancomat.
Oltre ai controlli di capitale, poi, la Bce sta valutando di imporre una svalutazione del collaterale chiesto alle banche greche in cambio del fornimento di fondi dal canale di emergenza ELA. Con l’aumento dell’ammontare svalutato, il cuscinetto finanziario scompare e quando lo sconto applicato al debito collaterale raggiunge un certo livello, ecco che si materializza un’implicita riduzione dei depositi dei clienti dell’istituto di credito.
Se ci si basa sulle stime dell’haircut che viene applicato al collaterale delle banche greche e su un cuscinetto di 25 miliardi rimasto, si può provedere la portata del bail-in dei conti correnti che dovranno subire i greci.
Alzare l’haircut al 75% implicherebbe un “taglio” del valore dei depositi dei correntisti del 37%, pari a una riduzione di 33 miliardi di euro. Un aumento della svalutazione del 90% significherebbe invece una botta da 67 miliardi (55%). L’ultimo scenario ricorda da vicino quanto successo a Cipro.
Il secondo passo è vietare alla gente di spostarsi da un paese all’altro. Senza parlare delle difficoltà incontrate dalle autorità nel fermare i flussi migratori.
Proprio all’apice della crisi del debito che sta scuotendo i mercati e il mondo intero, la Grecia ha superato l’Italia piazzandosi al primo posto in una classifica che non vorrebbe mai comandare: è la nuova destinazione preferita dei rifugiati.
Nonostante un’economia pari a un nono di quella italiana, Atene è diventata la meta preferita via mare dei migranti in fuga da confitti come quello siriano. Nei primi sei mesi dell’anno la Grecia, un paese di 11 milioni di persone, ha ricevuto più migranti anche dell’Italia.
(DaC)