“Dopo un brusco calo tra marzo e maggio, a giugno il settore private equity ha registrato una netta ripresa, e c’è ottimismo sul fatto che gli investimenti aumenteranno nella seconda metà dell’anno”: è quanto rilevato da Hugh MacArthur, responsabile a livello globale dell’attività di Private Equity di Bain & Company, “questo potrebbe cambiare, data la natura imprevedibile della pandemia. Tuttavia, l’incremento nelle attività di diligence è indice del fatto che le società siano alla ricerca di nuove opportunità in cui investire”.
Secondo quanto calcolato dalla società di consulenza Bain & Company il numero di operazioni di private equity è sceso del 36% nel continente americano e del 34% nell’area EMEA nel primo semestre del 2020, anno su anno.
Dopo questa brusca battuta d’arresto, però, il settore ha iniziato già a riprendersi. “A giugno i deal sono aumentati in maniera solida nelle Americhe e nell’area EMEA, registrando un balzo anche in Cina e lo slancio positivo si sta consolidando in tutto il mercato”, ha fatto sapere la società.
Una reazione diversa rispetto al 2008
Rispetto al post-2008 la ripresa del private equity sta avviandosi con molta più prontezza. A questo fenomeno ha contribuito il fatto che l’industria abbia raccolto 2.600 miliardi di dollari di capitale, più del doppio di quello che aveva all’inizio dell’ultima recessione, somme al momento ferme nelle casse delle società.
“Il tempo gioca contro questo capitale, il che significa che le società cercano urgentemente di fare affari”, afferma Bain & Company. In secondo luogo, c’è un ampio incentivo a investire: il settore – con l’ultima recessione – ha imparato che gli investimenti fatti vicino alla fine del ciclo tendono a garantire rendimenti superiori alla media. In effetti, la finestra per trovare asset a prezzi vantaggiosi potrebbe essersi già chiusa; i mercati azionari e il debito pubblico hanno infatti già ampiamente recuperato rispetto ai minimi toccati durante il Covid.
Gli investitori, inoltre, ritengono che questa flessione abbia una natura diversa rispetto alla precedente crisi. “Lo shock finanziario globale del 2008 ha messo in luce i grossi problemi strutturali del sistema bancario, invece la contrazione dovuta al Covid-19 è stata associata più a un disastro naturale, che non rifletteva la debolezza della domanda sottostante”, ha commentato continua Roberto Fiorello, responsabile della practice di Private Equity di Bain & Company in Italia, “resta ovviamente il rischio reale che l’effetto Covid-19 sull’attività dei consumatori duri abbastanza a lungo da trasformarsi in una crisi finanziaria, ma per ora il mercato scommette su qualcosa di più ottimistico.
Non c’è dubbio, tuttavia, che la perdurante incertezza renda difficile consolidare la fiducia di acquirenti e venditori, considerando anche che la volatilità del mercato rende complesso fare valutazioni”.