Ieri, nel Bce-day, la penultima riunione da numero uno della banca centrale europea, Mario Draghi ha rispolverato il Quantitative easing da 20 miliardi di euro al mese a partire da novembre. Inoltre ha annunciato anche un taglio di 10 punti base al tasso sui depositi (deposit facility rate) al -0,5%, mentre rimane invariato il tasso d’interesse di riferimento (main refinancing operations) allo 0% così come il marginal lending facility allo 0,25%. La Banca di Francoforte fa così da apripista ad altri tagli che nei prossimi giorni pare che annunceranno altri istituti centrali.
Secondo fonti dell’agenzia Reuters, la Bank of Japan starebbe studiando in vista del suo prossimo meeting il 19 settembre, un modo per approfondire a sua volta i tassi di interesse già negativi a costi minimi la settimana prossima. Anche la banca centrale cinese, come ha riportato il South China Morning Post ha anticipato che Pechino ridurrà il costo del denaro a fine mese, il primo di una serie di tagli per allinearsi alle maggiori istituzioni mondiali.
Quanto alla Fed, secondo le stime del mercato, taglierà il costo del denaro di un quarto di punto dall’attuale 2-2,25%, dopo il taglio di luglio, il primo in più di un decennio. Ieri, dopo la riunione della Bce, è arrivato puntuale il commento affidato via Twitter del presidente Donald Trump che per l’ennesima volta ha puntato il dito contro la Federal Reserve.
La Banca centrale europea, agendo rapidamente, taglia i tassi di 10 punti base. Stanno tentando, e con successo, di svalutare l’euro contro il dollaro molto forte, danneggiando l’export Usa. E la Fed sta seduta, seduta e seduta. Loro sono pagati per prestare denaro, mentre noi stiamo pagando gli interessi.