Come Morgan Stanley, anche BlackRock comincia a guardare con qualche preoccupazione al proseguio dell’anno. Non come Morgan Stanley, che in un report ha, di fatto, suonato la ritirata dai mercati azionari globali, ma qualche segnale c’è. Durante la presentazione dell’outlook di metà 2019 insieme al chief investment strategist del colosso dei fondi americani, Bruno Rovelli, è emerso qualche timore in merito al ciclo economico: “Pensiamo che i mercati azionari continueranno a salire, ma siamo più cauti e abbiamo deciso di ridurre questo sovrappeso sull’asset class”, spiega Rovelli. Questo perché “il ciclo economico è maturo e i rischi potrebbero diventare significativi“.
Due motivi di rallentamento
La frenata è generale, con “un rallentamento del ciclo economico globale, sia negli USA sia nei Paesi emergenti. Le motivazioni sono date da due fattori: il restringimento monetario da parte della Federal Reserve e le tensioni commerciali. Soprattutto quest’ultimo ha due impatti, uno diretto e uno indiretto: il primo, un semplice aumento delle tariffe sul settore corporate; il secondo, più importante, è che diventa difficile per il settore corporate come allocare le risorse“. In questo contesto, la politica monetaria dovrebbe tornare sotto i rifletori: “Ci aspettiamo un allentamento monetario – prosegue – sia da parte della Federal Reserve sia da parte della Bce, con una politica monetaria più accomodante”. Morgan Stanley ha spiegato come non creda che il nuovo quantitative easing della Bce possa garantire crescita e, tra le righe, anche Rovelli sembra essere d’accordo: “Non pensiamo che la politica monetaria possa dare una spinta alla crescita come in passato, ma dovrebbe essere in grado di sostenere i mercati finanziari“. In ogni caso, precisa Rovelli, “la fine del ciclo non è così vicina, ma il tema è presente. Una causa scatenante potrebbe essere data da un confronto economico e strategico più aspro tra Stati Uniti e Resto del Mondo“.
Azioni o bond?
La preferenza continua a pendere dalla parte delle azioni: “Geograficamente il mercato statunitense resta il nostro preferito. Siamo neutrali sull’Europa, che ci sembra l’area con la maggiore stabilizzazione in atto. Più cautela sui mercati emergenti“. Sull’obbligazionario, invece, “abbiamo ridotto il peso dei governativi USA, con una duration neutrale. Siamo positivi sul debito emergente, che dovrebbe beneficiare di una politica monetaria ferma“. Sul fronte valutario, invece, “è difficile credere a trend evidenti, non ci sono asimettrie monetarie, nessuno vuole una valuta più forte“.
Crisi Italia?
Impossibile non parlare di Italia, sempre sul tavolo dei mercati internazionali: “Il rigiro delle politiche monetarie è favorevole agli asset rischiosi. C’è da dire che le politiche economiche attuali non sembrano sufficienti a generare la crescita. Il quadro fondamentale italiano non sta migliorando in modo evidente”
E nell’immediato?
In estate c’è, da qualche anno, un evento scatenante in negativo per il mercato: “L’economia è in una fase delicata e uno schock sui mercati causerebbe ulteriore perdita di fiducia. Non sappiamo evidentemente cosa possa accadere, ma gli eventi più importanti riguardano la geopolitica, come le tariffe delle auto europee, la questione USA-Cina o un eventuale tensione sul fronte petrolifero con l’Iran“.