Per accedere a quota 100, i lavoratori privati potranno andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, dal 1° aprile 2019, ma solo per chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2018. Se il decretone approvato dal governo la scorsa settimana che introduce quota 100 e reddito di cittadinanza dette i tempi, non si sbilancia molto sul quantum. Per quanto riguarda l’assegno previdenziale, rispetto a quanto previsto a suo tempo con la riforma Fornero che prevedeva una decurtazione progressiva in caso di accesso alla pensione prima dei 62 anni, ora non ci sarà una penalizzazione economica esplicita bensì l’importo, per chi sceglie quota 100, sarà più basso. Il calo però varia in proporzione agli effettivi anni di anticipo come riporta Il Messaggero.
Ad esempio – partendo da una retribuzione netta mensile di 1.500 euro – con un anno e 9 mesi la pensione netta sarà più bassa del 6,6 per cento rispetto al caso della vecchiaia, mentre con 4 anni la riduzione di fatto arriverà al 15 per cento. Per ogni anno il calo è all’incirca del 3,5 per cento.
Intanto mentre il vicepremier Luigi Di Maio annuncia che il prossimo mese si aumenteranno le pensioni minime, Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, in un’intervista a Repubblica afferma di non temere un boom di domande per quota 100 e quindi un esaurimento dei fondi.
Non temiamo di sforare il tetto di spesa di quota 100, anche perché abbiamo stanziato 4,7 miliardi per il 2019″, 800 milioni in più, trovati “anche tassando i giochi”, rispetto ai 3,9 miliardi previsti nel decreto legge (…) La platea rimane la stessa: 350 mila uscite quest’anno, di cui 130mila statali. Abbiamo rifatto i calcoli tenendo conto anche di quanti sceglieranno Ape sociale e Opzione donna, rinnovate per un altro anno”.