La riforma dell’Irpef del futuro governo Draghi sarà “improntata alla progressività”, ha fatto trapelare il premier incaricato a margine delle consultazioni in corso con i partiti.
Il messaggio sembrerebbe rivolto, in particolare, a quelle forze politiche che avevano invocato una riforma ad aliquota unica (flat tax), come la Lega e, misura più moderata, Forza Italia.
Il progetto di mettere mano all’Imposta sui redditi delle persone fisiche era già parte dell’agenda del Conte bis, che prevedeva di realizzarla entro quest’anno. Naturalmente, con una maggioranza tendente a sinistra, l’intenzione dei giallorossi non era certo quella di arrivare all’aliquota unica al 15% invocata da Matteo Salvini, bensì operare un abbassamento delle aliquote volto a ridurre il carico fiscale sul ceto medio.
La riforma fiscale sul tavolo di Draghi
Probabilmente la maggioranza allargata che andrà a sostenere Draghi cercherà una soluzione di compromesso che, però, non andrà intaccare il principio di progressività rappresentato dall’esistenza di aliquote crescenti.
Lo ricordiamo, in Italia esistono attualmente quattro aliquote, dal 23 al 41%, cui si aggiunge un’area completamente esente dal pagamento dell’imposta (no tax area) fino ai agli 8.174 euro di reddito annuo.
L’idea sarebbe, quindi ridurre le aliquote relative ai redditi medio-bassi. Secondo quanto ricostruito dall’Ansa, questo taglio potrebbe essere compensato attraverso il riordino delle detrazioni (tax expenditures) che complessivamente costano al fisco 300 miliardi di gettito ogni anno. Se il governo Draghi dovesse intervenire su questo fronte, si andrebbe a posizionare in piena continuità con la linea del ministro dell’Economia uscente, Roberto Gualtieri.
Se, da un lato, Salvini dovrà con ogni probabilità rinunciare alla Flat tax, Draghi avrebbe garantito al leader della Lega, sempre durante le consultazioni, che non verrà introdotta “alcuna nuova tassa, nemmeno occulta”. Non si tratta di una garanzia di poco conto, visto che nelle scorse settimane due tecnici di alto profilo di Bankitalia e Corte dei Conti avevano auspicato l’introduzione di una nuova tassa sulla ricchezza (un patrimoniale, insomma) per compensare gli eventuali ammanchi di gettito provocati dalla riforma dell’Irpef in cantiere.
Il principio di fondo, in linea con la filosofia espressa a più riprese da istituzioni internazionali come l’Ocse, sarebbe quello di ridurre le tasse sui redditi da lavoro, e aumentare i prelievo su rendite e patrimoni. A quest’ultimo modello si sono opposti in termini perentori sia Lega sia Fi.