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Draghi resiste alle pressioni, gela i mercati

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Barcellona – Come facevano intendere le sue ultime dichiarazioni da falco, Mario Draghi resiste alle pressioni e decide di lasciare invariati all’1% i tassi di interesse dell’area euro, affermando poi nella conferenza stampa successiva all’annuncio che non si è parlato neanche dell’opzione di abbassare il costo del denaro. Resta bloccato all’1,75% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale e allo 0,25% quello sulle operazioni di deposito.

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Il presidente della Banca Centrale Europea ha preso la decisione al termine della riunione di politica monetaria svoltasi in via straordinaria in Spagna, a Barcellona. Il messaggio delle autorità di Francoforte e’ chiaro: ora spetta ai governi alimentare la crescita e placare la rabbia degli europei per le misure di austerita’ intraprese per far fronte alla crisi del debito. Draghi, lo stesso che aveva invocato misure di crescita fino a qualche giorno fa, fa capire che il ruolo della Bce è limitato e passa così la palla ai governi europei.

Nella conferenza, il numero uno della Bce ammette che “l’outlook economico è soggetto a rischi al ribasso” e parla precisamente di “rischi al ribasso legati alle tensioni della crisi del debito”. In più, sottolinea, “nel primo trimestre la domanda del credito è rimasta ancora sottotono”. Detto questo, in un contesto in cui l’ “Eurozona è in graduale ripresa nel breve termine” e visto il livello dei tassi ai minimi storici, l’ex governatore di Bankitalia non promette ai mercati nulla di più, a parte dire che pensare all'”exit strategy” è ancora prematuro. Insomma, a suo avviso la politica della Bce rimane accomodante: e questo è quanto. Nessun preavviso sull’eventualità di una nuova operazione di LTRO”, ergo la massiccia iniezione di liquidità operata dall’istituto sotto forma di finanziamenti alle banche europee e avvenuta due volte.

Le dichiarazioni di Draghi lasciano anche alcuni giornalisti di stucco. Era la prima volta da mesi, infatti, che sui mercati era riaffiorato in superficie il pensiero secondo cui una riduzione dei tassi dai minimi storici dove si trovano ora non era piu’ cosi’ impossibile. D’altronde, l’economia dell’Eurozona sta subendo una nuova frenata e l’indice di inflazione e’ sceso dal 3% dell’anno scorso al 2,6% stimato in aprile. La soglia ideale fissata dall’istituto di Francoforte e’ del 2%.

Dall’altro lato, tuttavia, la massa monetaria M3 – uno degli indicatori piu’ importanti tra quelli che la Bce prende in considerazione per stabilire l’andamento dell’inflazione – sta registrando ancora un’espansione, il che aveva fatto propendere qualche analista verso una visione piu’ improntata alla cautela.

Come spiegato bene dagli analisti di Citigroup, una riduzione dei tassi avrebbe paradossalmente avuto un effetto benefico sull’euro, mentre un mantenimento dello status quo lo penalizza. Proprio come accaduto per il dollaro, non sono tanto le speculazioni circa nuove misure di allentamento monetario a muovere i mercati, quanto le paure circa il deterioramento della ripresa.

La debolezza della moneta unica vista di recente rispecchia i problemi del debito dell’Eurozona, esacerbati a loro volta dalle condizioni economiche difficili, e non le mosse di politica monetaria.
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Al centro delle preoccupazioni dei partecipanti del mercato valutario c’e’ la situazione critica di Spagna e Italia (entreranno in una spirale economica e finanziaria al ribasso?) e non un’eventuale politica espansiva da colomba di Draghi e soci.

Appena ottenuto l’incarico di presidente, Draghi non ha perso da tempo ad agire per rilanciare la ripresa economica. Ha prima sfidato i falchi teutonici dell’area euro, abbassando i tassi di mezzo punto percentuale nel giro di due mesi, per poi comprare bond dei paesi in difficolta’ della periferia e iniettare liquidita’ nel sistema bancario, concedendo agli istituti di credito europei prestiti a tassi vantaggiosi. Le droghe straordinarie hanno pero’ avuto un effetto placebo momentaneo, con quello delle operazioni LTRO che e’ durato lo spazio di appena quattro mesi, spingendo osservatori ed economisti a esortare la Banca Centrale Europea a intraprendere nuove misure. Forse anche per questo, almeno per il momento, Draghi ha deciso di fermarsi.