WASHINGTON (WSI) – Il G7 si impegna a imporre nuove sanzioni contro la Russia per l’Ucraina a partire da lunedi’ prossimo. Lo si apprende da un responsabile statunitense. Il G7 esprime la sua ”profonda preoccupazione per i continui sforzi dei separatisti appoggiati dalla Russia di destabilizzare l’est dell’Ucraina”. E – in una nota – ribadisce il ”suo impegno a prendere ulteriori misure per assicurare un contesto stabile e pacifico per le elezioni presidenziali del 25 maggio.
***
Il G7 ha deciso nuove sanzioni contro la Russia per la crisi in Ucraina a partire da lunedì. Intanto ancora violenza nell’est del paese. A Sloviansk rapiti 13 osservatori dell’Osce da parte dei separatisti filorussi. Kiev accusa: il Cremlino vuole «una terza guerra mondiale». Aerei russi, secondo il Pentagono, hanno intanto violato nello spazio aereo dell’Ucraina in diverse occasioni nelle ultime 24 ore.
Il premier Matteo Renzi incontra stamani, a Palazzo Chigi, il premier ucraino Arseni Iatseniuk. Iatseniuk incontrerà anche papa Francesco e il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.
Il G7 affila le armi: preoccupato per la situazione in Ucraina, assicura che si muoverà rapidamente per imporre ulteriori sanzioni mirate sulla Russia. In una nota, i Sette Grandi si dicono preoccupati e ribadiscono la loro condanna per il «tentativo illegale» di Mosca di annettere la Crimea e Sebastopoli: azioni, quelle russe, che costeranno a Mosca.
Nuove sanzioni potrebbero arrivare già lunedì e si andranno ad aggiungere a quelle già in vigore, aumentando di fatto i già «significativi costi per l’economia russa». Costi e tensioni che hanno spinto Standard & Poor’s ha tagliare il rating della Russia, sceso a un gradino sopra il livello spazzatura, e la banca centrale del paese ad aumentare i tassi di interesse di mezzo punto percentuale al 7,5% in seguito ai rischi di inflazione legati alla caduta del rublo, sceso del 10% rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno.
Il G7 si dice «profondamente preoccupato per i continui sforzi dei separatisti appoggiati dalla Russia di destabilizzare l’est dell’Ucraina». Lodando le misure prese dal governo di Kiev per rispettare gli impegni presi a Ginevra, il G7 critica la Russia che «non ha assunto alcun passo concreto a sostegno di Gonevra»: Mosca – si legge nella nota del G7 – non ha pubblicamente appoggiato l’accordo, né ha condannato le azioni dei separatisti. La Russia non ha fatto altro che continuare a far montare la tensione con la sua retorica e con minacce di manovre militari ai confini dell’Ucraina. «Siamo d’accordo sul fatto di muoverci rapidamente per imporre ulteriori sanzioni», che saranno mirate e aumenteranno i costi per la Russia delle sue azioni. Costi che sono già «significativi», afferma il G7. «Mentre continuiamo a preparare sanzioni più ampie e coordinate, mettiamo in evidenza che la porta resta aperta per una soluzione diplomatica, sulla base dell’accordo di Ginevra. Chiediamo alla russia di unirsi a noi nell’impegno su questa strada».
Si combatte intanto nell’est dell’Ucraina in una spirale infinita di violenza. Le forze armate di Kiev hanno circondato la città di Sloviansk, roccaforte dei filorussi, mentre ieri nella vicina Kramatorsk i pro-Mosca hanno cercato senza successo di riconquistare l’aerodromo, dove un elicottero militare ucraino è stato abbattuto e il pilota è rimasto ferito.
Ma a Sloviansk si teme anche per la sorte di diversi osservatori dell’Osce che sono stati rapiti dai miliziani ieri in tarda mattinata mentre viaggiavano su un bus assieme a cinque militari ucraini e all’autista, e che adesso – fa sapere il ministero dell’Interno di Kiev – si trovano «in una sede locale dei servizi di sicurezza», quindi in uno degli edifici in mano ai ribelli.
I separatisti filorussi dell’est dell’Ucraina accusano gli osservatori Osce rapiti ieri di essere «spie della Nato» e chiedono il rilascio di loro compagni «prigionieri». Lo ha detto uno dei leader dei separatisti di Donetsk, Denis Pushilin, davanti alla sede dei servizi segreti di Sloviansk. «Ieri abbiamo arrestato delle spie della Nato», ha detto Pushilin. «La gente dell’Osce non sarà liberata. Sarà scambiata contro i nostri prigionieri», ha aggiunto.
La tensione a est cresce drammaticamente di giorno in giorno, e mentre l’ambasciatore russo all’Onu Vitali Ciurkin ventila la possibilità di inviare in Ucraina i ‘peacekeeper’ di Mosca, il governo di Kiev teme un’invasione delle truppe russe e torna a puntare il dito contro il Cremlino, accusandolo di sostenere gli insorti con i suoi servizi segreti militari (Gru) e di volere addirittura «una terza guerra mondiale».
Mosca condanna l’intervento delle forze armate di Kiev «contro i cittadini pacifici del sud-est dell’Ucraina», ma il governo ucraino filo-occidentale non molla. Secondo alcune fonti, ieri Kiev aveva congelato l’operazione contro gli insorti temendo una reazione militare di Mosca (che ha tra i 35 e i 50mila militari ammassati alla frontiera con l’Ucraina), ma ieri il ministro dell’Interno Arsen Avakov ha annunciato che l’offensiva «prosegue». Il risultato è che il caposaldo dei ribelli, Sloviansk, è circondato e isolato «per impedire l’arrivo di rinforzi» ai filorussi, così come previsto dalla seconda fase dell’operazione militare (che le autorità di Kiev sbandierano come «antiterrorismo»).
Il numero due dei servizi di sicurezza ucraini, Vasil Krutov, ha comunque assicurato che per evitare vittime tra i civili non ci sarà un assalto alla città, ma allo stesso tempo Avakov ha tuonato che «i terroristi» devono «stare sul chi vive 24 ore su 24». Una minaccia che non spaventa gli insorti, che si dicono pronti a resistere anche a costo «di trasformare Sloviansk in una Stalingrado».
Il capo dei filorussi, il “sindaco popolare” Viaceslav Ponomariov, lo ha detto chiaramente: «Non ci arrenderemo, siamo pronti a difenderci». E poi ha anche denunciato la presenza di militanti del gruppo paramilitare nazionalista ‘Pravi Sektor’ «armati di fucili da cecchino»: una notizia però difficilmente verificabile, anche perché la mancata demilitarizzazione di ‘Pravi Sektor’ è uno dei fattori su cui i ribelli (e con loro il Cremlino) fanno leva per giustificare di non aver consegnato le armi come previsto dal finora effimero accordo di Ginevra della scorsa settimana per risolvere la crisi ucraina.