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E’ l’evoluzione, stupido: ecco perche’ l’uomo deriva dalla scimmia

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Tutto è iniziato da due progetti paralleli, due ricerche sul genoma delle scimmie e quello umano, possibili grazie agli avanzamenti tecnologici degli ultimi dieci anni. Tanto da permettere di guardare con occhi diversi alle tesi del naturalista inglese Charles Darwin.

“Le scimmie sono la specie a noi più vicina e possiamo scoprire cosa vi è di speciale nell’essere umano paragonando il nostro DNA con il loro DNA. Se trovassimo piccoli pezzettini del nostro genoma che sono unici, li’ potremmo trovare la risposta alla domanda di cosa rende gli umani “umani”. Il DNA delle scimmie è uguale al nostro al 99%. Tutto quello che rende un umano tale o una scimmia sono piccole differenze nei posti giusti”, si legge in un recente studio condotto da Katie Pollard, ricercatrice al Gladstone Institutes e professoressa di biostatistica all’UCSF.

La teoria che apparenta l’uomo alla scimmia

E quali sarebbero questi fatidici posti giusti? 15 milioni di “lettere” specifiche del DNA umano sono cambiate nel giro di 6 milioni di anni considerando che le scimmie e gli umani derivano da uno stesso discendente. Il computer ha permesso di individuare quali fossero i cambiamenti avvenuti nel DNA. “Dopo mesi di programmazione e clusterizzazione si è giunti al risultato che il nostro DNA ha circa tre miliardi di “lettere” e solo 18 tra queste sono diverse tra scimmie e umani.”

La grande novità di questa ricerca sta nel fatto che essa confuta l’ipotesi per la quale quel che ci differenzia dalle scimmie sono geni diversi. Non e’ vero! Quello che e’ diverso tra le due specie e’ il modo in cui vengono utilizzati gli stessi geni. “Ciò che e’ cambiato nel nostro DNA nel corso del tempo sono le combinazioni di geni che ne utilizzano uno o un altro. Ogni gene che risiede nel nostro DNA non forma solamente una proteina. Si possono formare blocchi di proteine differenti utilizzando diverse parti di uno stesso gene. Questo crea appunto molte combinazioni di geni e quindi di proteine che variano nel tempo. Quello che sconvolge ancora di più e’ che la maggior parte dei geni utilizzati per le diverse combinazioni risiedono nel cervello umano sia giovane che adulto. Da un certo punto di vista questo ha perfettamente senso in quanto e’ proprio nel cervello che risiede la maggior parte di tutto ciò che ci rende umani: il linguaggio, la nostra cultura, la religione e anche la capacita’ di fare scienza”, dice la Pollard.

La quantità di geni che fa la differenza

Tutto ciò è stato possibile grazie all’avanzamento tecnologico degli ultimi 10–15 anni soprattutto per quanto riguarda la capacita’ dei computer di analizzare e selezionare gruppi di dati e il prossimo passo di questa ricerca sara’ nello scoprire quali combinazioni sono attive e come funzionano.
“Vent’anni fa molti scienziati ritenevano che ciò che ci differenziava dalle altre specie fosse la quantità di geni: per avere un organismo più complesso devi avere molti geni. Considerando la teoria delle combinazioni ovviamente viene spontaneo dire che non ha senso avere molti geni in più, l’importante e’ avere molte combinazioni differenti. Una conferma può essere data considerando che una semplice pannocchia la quale contiene dai 50.000 ai 60.000 geni, quasi il doppio di quelli umani..! Un organismo è complesso non per la quantità di geni che possiede ma per la più vasta complessità di combinazioni di geni che può creare.”

Siamo in grado quindi di dare risposte a domande rimaste in sospeso per centinaia di anni: come funziona l’evoluzione? Che cosa ci rende umani? Finalmente cominciamo ad avere gli strumenti adatti per andare fino in fondo e trovare delle valide risposte.

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