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E’ L’ ORA DI SILURARE PRODI, VIA A UN GOVERNO TECNICO

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Il rigetto per la gestione dell’economia e della politica economica in Italia e’ arrivato al livello di guardia. Valutando in termini post-ideologici – cioe’ senza avallare tesi preconcette di sinistra o di destra – la linea della ribellione e’ dettata in questi giorni dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Peccato che Draghi sia in pubblico osannato, ma sbeffeggiato in privato. E’ un “tecnico”, apostrofano con spregio a Roma quelli che hanno un qualche potere politico; un tecnico staccato dalla realta’ e dai fermenti concreti del paese. Invece Draghi la conosce assai bene bene la realta’ italiana. E ce l’ha a cuore forse piu’ del 99% dei senatori ed onorevoli che ci rappresentano in Parlamento (al punto da aver ricevuto varie minacce di morte, mai divenute di dominio pubblico, per la sua lucida caparbieta’ nell’indicare le strategie economiche corrette).

La novita’ e’ che si va adesso consolidando una super-alleanza fondata sull’asse dei due poteri forti antipolitici, Confindustria e Banca d’Italia. Operazione che, com’e’ ovvio, viene vagliata alla stregua di un pericoloso tsunami dai partiti. L’ipotesi di un governo tecnico Draghi-Montezemolo – per eliminare una volta per tutte il traballante esecutivo Prodi e traghettare il paese verso elezioni anticipate, ma solo dopo il varo bipartisan di una nuova legge elettorale – chiaramente non avra’ vita facile. Anzi, sara’ ultra-osteggiata e ha poche probabilita’ di riuscita. Un’alternativa di cui si parla, in un ristretto gruppo di persone che ha ancora percezione del dramma italiano, e’ un governo di transizione con gli stessi obiettivi (cioé che porti ad elezioni anticipate con una nuova legge elettorale) ma a guida politica e sostenuto da una maggioranza di sinistra moderata con appoggi centristi, con premier Walter Veltroni o Massimo D’Alema.

Ma stiamo ai dati di fatto. Draghi venerdi’ scorso ha esternato nuovamente, da Cassandra inascoltata, come parlasse ad un costituendo governo ombra che al momento non esiste. Il punto chiave, per il governatore, e’ riformare tanto il sistema produttivo italiano quanto la spesa pubblica, allo scopo di rilanciare la competitività e la crescita delle imprese e aumentare i consumi e il reddito delle famiglie.

Per arrivarci, dice Draghi, servono ne’ piu’ ne’ meno che tre leve: 1) riforma dell’istruzione superiore; 2) mercato del lavoro; 3) riforma del sistema pensionistico. Sul lavoro, in particolare, il “numero uno” di via Nazionale ha chiesto un nuovo contratto che ridistribuisca su tutti i lavoratori i costi della flessibilità che oggi vengono sopportati soprattutto dai giovani (sui salari ha sottolineato il ritardo dell’Italia nei confronti degli altri paesi europei, un ritardo registrato anche nella quota di trentenni che convive con i genitori, tra le più alte d’Europa).

Ed ecco la conferma dell’asse tecnocratico Confindustria/Bankitalia: “Con il governatore Draghi c’è una grande sintonia di cultura di fondo”, ha detto ieri il presidente di Confindustria Luca di Montezemolo. “È un fatto molto importante: cultura del cambiamento, del merito, della flessibilità e della modernizzazione”. Montezemolo ha sparato ad alzo zero contro palazzo Chigi, con piu’ liberta’ di quanta ne sia concessa a Draghi: «Questo governo non è in grado neanche di tagliare le cravatte di due centimetri. Non è in grado di tagliare nulla. Non c’è coesione. Abbiamo bisogno che il governo governi, che prenda delle decisioni, qualsiasi esse siano. Abbiamo un Paese non governabile da dodici anni. Non possono pensare che i problemi si risolvano solo con le elezioni». E poi: «Vi ricordate? Ho detto che bisogna restituire le tasse a chi le paga. Abbiamo detto anche che chi lavora nelle fabbriche ha lo stesso merito degli imprenditori”, ha continuato il leader degli industriali. «E poi quella battaglia del cuneo fiscale era anche in funzione dei lavoratori – ha aggiunto – mi fa piacere questa tendenza comune».

“Frasi senza senso, quindi non avrebbe senso neanche dare una risposta”, ha replicato Romano Prodi. Nella stizzita reazione del premier si legge la livorosa paura per il pressing tecnocratico, post-ideologico ed efficientista a cui e’ sottoposto il governo. Esatto: qualcuno pensa al varo di un esecutivo tecnico “di salute pubblica” o di transizione, fondato sulla super-alleanza Draghi-Montezemolo, che abbia come obiettivo sostituire questo governo che va da Mastella a Rifondazione Comunista e che finalmente cominci ad affrontare i problemi piu’ gravi del paese, dal debito pubblico che affossa l’Italia bruciando 70 miliardi di euro in interessi passivi all’anno, al dramma dei giovani che non hanno futuro e non hanno lavoro. Diciamolo subito, tale strategia sara’ osteggiata da tutti: dal governo in carica, dai sindacati, dall’ala radicale non-riformista della sinistra, ma anche dalla Cdl e da Silvio Berlusconi. Ma attenzione, la battaglia non e’ che all’inizio, le lobby contano le armate in campo, e i voti in aula.

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Fatta questa premessa, e’ vero che su certi temi, in primo luogo quelli economico-finanziari, e’ diventato sempre piu’ difficile, per tutti i protagonisti, fare previsioni che abbiano un minimo di credibilita’, autorevolezza e anche probabilita’ d’avverarsi. Winston Churchill, a chi gli chiedeva qual e’ la caratteristica migliore di un primo ministro, rispondeva: “L’abilita’ di prevedere il domani, il dopo-domani, la prossima settimana, il prossimo mese, il prossimo anno, e alla fine spiegare perche’ nulla e’ accaduto”. Allargando il campo e cercando di lasciarci alle spalle le micragnose beghe del microcosmo politico italiano, scopriremo che alcune questioni di fondo, di cui nessuno parla, pesano invece ineluttabilmente sullo scenario macro-economico generale; e sono destinate a sopravvivere, qualsiasi governo sieda a Palazzo Chigi e qualsiasi maggioranza comandi in Parlamento.

Ecco una breve lista, nuda e cruda, di temi-chiave economici inconfutabili, “fattoidi” avulsi da logiche di schieramento:

1) L’euro ha toccato questa settimana il massimo storico assoluto da quando la moneta europea fu lanciata nel gennaio 1999; domani l’euro comincera’ le contrattazioni sul mercato valutario a quota 1,4393, cioe’ il 44% in piu’ rispetto al valore della moneta di riferimento, il dollaro.

2) L’oro ha toccato questa settimana il top di prezzo degli ultimi 28 anni, cioe’ dal gennaio 1980. Motivo: massicci acquisti speculativi alimentati da prezzi record del petrolio e dal continuo calo del dollaro. Il metallo giallo e’ considerato dagli investitori internazionali un “bene rifugio” in tempi di assoluta turbolenza dei mercati finanziari e di rallentamento dell’economia americana.

3) Il greggio ha toccato, sempre questa settimana, il nuovo record storico, a 92,22 dollari al barile. Il prezzo del petrolio e’ spinto in alto dalle tensioni geopolitiche in Medio Oriente (le nuove sanzioni degli Stati Uniti contro l’Iran) e dai timori degli speculatori sulla consistenza delle scorte petrolifere globali. La domanda mondiale è robusta e in crescita. I due grandi paesi emergenti, Cina e India – abitati da oltre due miliardi di persone – sono affamati di energia. La previsione (questa si’ facile…) e’ che vedremo presto il petrolio a quota 100.

4) Il mercato finanziario e’ pieno di rischi. La banca d’affari “numero 1” del mondo, l’americana Merrill Lynch, ha annunciato questa settimana la piu’ forte perdita di bilancio nei suoi 93 anni di storia ed e’ stata costretta ad allocare una svalutazione kolossal di 8.4 miliardi di dollari. Motivo: la traumatica crisi del credito esplosa lo scorso agosto col collasso dei mutui subprime. Il capo di Merrill Lynch sara’ silurato.

5) La Cina continua a crescere a ritmi spettacolari (+11,5% nell’ultimo trimestre) il che costituisce la vera ciambella di salvataggio e il traino per tutte le economie globali, alla faccia di coloro che vorrebbero imporre dazi alle merci cinesi. Attenzione pero’: sempre in Asia un colosso dell’economia occidentale come il Giappone e’ in piena recessione. La costruzione di nuove case da quelle parti e’ crollata del 23.4% a luglio e del 43.4% in agosto.

6) Negli Stati Uniti il prezzo medio di una casa mono-familiare (quelle tipiche della piccola e media borghesia, col giardinetto e l’auto parcheggiata davanti al garage) e’ crollato da un picco massimo di 262.600 dollari in marzo a 211.700 dollari in settembre: si tratta di un calo del 18% su base nazionale; ma in certe aree il crollo e’ superiore al 30% (questi valori danno anche la misura dell’enorme bolla dei prezzi immobiliari in Italia, dove i valori medi – in euro – sono ancora doppi o addirittura tripli rispetto al mercato delle case negli Usa).

7) Nel nostro paese, dove le statistiche vengono manipolate ad arte e non sono ne’ frequenti ne’ trasparenti, la crescita economica del pil nell’ultimo trimestre e’ stata di +0,1% (come dire: siamo inchiodati, o forse andiamo indietro, considerando il margine statistico di errore). Draghi queste cose le sa, e le spiega. Montezemolo pure. I politici, invece, non ne vogliono nemmeno parlare.

8) Il mondo va avanti e l’economia globale cresce perche’ circa 2 miliardi di persone si affacciano al consumismo nelle zone asiatiche del pianeta e in altri paesi emergenti dell’est europeo e dell’America Latina. Oggi il 58% della capitalizzazione di borsa, il 79% del prodotto nazionale lordo, l’86% delle societa’ quotate e il 95% della popolazione mondiale, sono al di fuori degli Stati Uniti.

Bene, se questi sono i meta-fatti economici piu’ importanti sullo scenario mondiale, il corollario qual e’? Semplice: le piccole beghe di casa nostra, la faziosita’ alimentata da un circo di dichiarazioni ad uso della TV e di giornali al servizio del potere, l’aggressivita’ verbale dell’intera casta politica, sono miserrima cosa rispetto al tipo di interventi, misure, leggi e politiche economiche di cui l’Italia avrebbe bisogno, per essere governata. Ed e’ per questo che Mario Draghi e’ sempre piu’ solo ma sempre piu’ forte. C’e’ bisogno di aggiungere di piu’?

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