Con l‘inflazione Usa che continua a correre (al 6,2% su base annua a settembre, lontana dal target del 2% ndr) e nonostante i crescenti rischi di recessione, la Fed si prepara a mantenere l’aggressivo ritmo di rialzi dei tassi visto finora. Tuttavia, questa la novità, potrebbe indicare quando inizierà ad allentare la sua stretta.
Queste le prime indicazioni che emergono tra gli analisti, in attesa del comitato di politica monetaria (Fomc), che si riunirà domani martedì 1 novembre e mercoledì 2 novembre nella sede di Washington
La decisione sarà annunciata mercoledì. Da marzo, la Federal Reserve ha già aumentato i tassi cinque volte, prima di un quarto di punto, poi di mezzo punto e infine per tre volte di tre quarti di punto.
Le aspettative degli analisti sulle mosse della Fed
“Siamo quasi certi che il Fomc alzerà la forchetta dei tassi di altri 75 punti base a novembre”, hanno sottolineato in una nota gli economisti di Barclays.
Se le stime degli analisti dev’essere risultare corrette, quello di questa settima sarebbe sarebbe il quarto rialzo di fila dei tassi di questa portata e spingerebbe li spingerebbe nella fascia tra il 3,75% e il 4,00%.
Secondo il Futures Assessment del Cme Group, la stragrande maggioranza degli operatori di mercato si aspetta un rialzo di questo tipo, mentre altri scommettono su un rialzo di appena mezzo punto percentuale. Una mossa analoga dunque a quella appena compiuta dalla Banca Centrale Europea che ha alzato i tassi di riferimento di 0,75 punti base per la seconda volta consecutiva.
Anche Goldman Sachs prevede un Fed più aggressiva. Secondo le stime della banca Usa, i tassi di interesse saliranno al 5% entro marzo, 25 punti base più delle precedenti previsioni. Al 5% la Fed arriverà alzando il costo del denaro dello 0,75% questa settimana, per poi proseguire con un rialzo di 50 punti base in dicembre e con altre strette da 25 punti base in febbraio e marzo.
Per Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM “sebbene le ultime indagini PMI sulle imprese segnalino una significativa flessione dell’attività economica all’inizio del trimestre, continuiamo a prevedere che la Federal Reserve aumenterà il tasso di riferimento di 75 punti base nella riunione del FOMC di questa settimana. Inoltre, potrebbe dare indicazioni su eventuali ulteriori rialzi per il meeting di dicembre che dovrebbero essere meno aggressivi. Passando ai dati più recenti, notiamo che i numeri sul mercato del lavoro rimangono solidi. Al momento, le richieste di disoccupazione continuative, pari a 1,4 milioni, sono ancora molto al di sotto della media pre-Covid di 1,7 milioni. Per quanto riguarda le ultime indagini sulle imprese, i PMI segnalano un inizio debole del quarto trimestre. Soffrono soprattutto i servizi, con le imprese che evidenziano una domanda più debole da parte dei clienti a causa dell’inflazione elevata e dei tassi d’interesse più alti. Da notare che i sottoindici previsionali del PMI dei servizi – nuovi ordini e ordini all’esportazione – mostrano una contrazione dell’attività. Infine, l’inflazione dei prezzi dei servizi ha accelerato il mese scorso, segno che le pressioni sui prezzi rimangono forti”.
“Le pressioni inflazionistiche rimangono intense e la Fed dovrebbe aumentare di 75 punti base a novembre”, ha detto a Bloomberg James Knightley, capo economista di ING Groep NV. “Attualmente prevediamo un aumento più moderato di 50 punti base in dicembre a causa di un contesto economico e di mercato in via di indebolimento”.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che la banca centrale è fortemente impegnata a ripristinare la stabilità dei prezzi e ha ripetutamente invocato il suo predecessore, Paul Volcker, che ha aumentato i tassi a livelli senza precedenti per contrastare l’inflazione nei primi anni ’80. Powell ha avvertito che il processo sarà doloroso, perché l’obiettivo è progettare una crescita al di sotto del trend per ridurre le pressioni sui prezzi.
Dubbi sul 2023
I veri dubbi sul corso della politica monetaria americana riguardano il 2023. Nelle ultime settimane diversi funzionari della Fed hanno evidenziato un possibile rallentamento del ritmo dei rialzi. In vista di una brusca flessione del PIL.
Negli Stati Uniti i consumi, che rappresentano i due terzi della crescita, hanno finora mostrato una buona tenuta. Ma è probabile che a fronte dell’impennata dell’inflazione, i risparmi accumulati dalle famiglie durante la pandemia si ridurranno, gli investimenti in borsa diventeranno meno redditizi e gli immobili perderanno valore, e così le famiglie saranno meno propense a spendere e spandere.
A questo punto non resta che aspettare le indicazioni sul PIL. Il tasso di disoccupazione, dal canto suo, resta ai minimi da mezzo secolo, al 3,5%.