ROMA (WSI) – Petrolio di nuovo sotto attacco, con perdite che hanno portato i contratti WTI scambiati sul Nymex a precipitare ai nuovi minimi storici, RBS che consiglia ai propri clienti di “vendere tutto” salvo i titoli più sicuri come Bund e Treasuries e Albert Edwards di Societe Generale che avverte che il peggio non è passato e che una crisi deflativa sta per materializzarsi nel mondo industrializzato. Sono i tre fattori che hanno gettato nel panico i mercati in queste ultime ore.
Quando al greggio – ora per la verità in ripresa sui mercati, così come l’azionari – secondo Morgan Stanley il fondo non è stato ancora toccato, in un contesto tra l’altro in cui diversi hedge fund stanno tagliando le posizioni long, ridotte al minimo dal 2010. Nella sessione convulsa di ieri, le quotazioni del crude scambiate a New York e del Brent sono scivolate oltre -6% nei minimi intraday, proseguendo nel trend al ribasso anche oggi.
Manca poco a bucare al ribasso la soglia di $30. Il Brent Crude e il WTI Crude soffrono nuovi ribassi e oscillano al di sopra dell’importante livello psicologico. Qualcuno è ancora più pessimista di Morgan Stanley: secondo Standard Chartered, ci sarebbero spazi per scendere fino a $10 al barile.
Il contratto WTI ha testato il minimo dal dicembre del 2003, dunque in più di 12 anni. Sotto pressione i titoli energetici e minerari, che portano l’indice di riferimento dell’azionario globale, l’MSCI All-Country World, a estendere le sue perdite del 2016 a -6,7%. BHP precipita a Londra al minimo dal 2005.
Azionario: il punto della situazione
- Lo S&P 500 è in calo -9,8% dal record testato nel 2015. Il Dow Jones Industrial Average è -10,7% e Nasdaq -11% rispetto ai picchi dello scorso anno.
- Quando Wall Street ha chiuso la sessione dello scorso venerdì, 229 dei titoli scambiati sullo S&P 500 erano in calo di almeno -20% rispetto ai loro massimi delle ultime 52 settimane.
- Alert sui titoli energetici. In media, tali azioni sono in flessione di ben -52% rispetto ai loro massimi in 52 settimane, stando ai dati di Bespoke Investment Group. A fare peggio sono i titoli energetici delle small cap, in calo -61%.
- Sempre Bespoke fa notare che l’indice Standard & Poor’s 1.500 – che raccoglie i titoli delle società di piccola, media e grande capitalizzazione – mostra che in media i titoli viaggiano a un valore inferiore -26,9% rispetto ai loro record in 52 settimane. Il co-fondatore di Bespoke Paul Hickey esclama: “E’ un territorio da mercato orso!”.
La parola a Société Générale
Per l’analista Andrew Lapthorne, “la Cina e il processo di svalutazione (dello yuan) è solo un altro pezzo del domino, in quello che si sta confermando un lungo processo che vede gli investitori capire che non tutto va bene nell’economia mondiale. A nostro avviso, il problema reale rimane l’assenza di crescita, un problema che il QE ha tentato di nascondere”. Di conseguenza “ora, dopo quattro lunghi anni in cui non si è manifestata alcuna crescita dei profitti, il rischio è che (l’indice) MSCI World torni al suo PE del 2011, il che implica il rischio di un ulteriore crollo del 50% dai livelli attuali“.
Bank of America: panico sui mercati. Ma…
Savita Subramanian, strategist dell’azionario di Bank America, ammette che il “panico sta crescendo”, e pone una domanda: “How bad could this get?” A questa domanda la risposta non è, in realtà, troppo fosca:
“Il rischio di un mercato orso conclamato rimane basso in assenza di una recessione, scenario che i nostri economisti continuano a ritenere improbabile. Lo S&P ha vissuto 13 fasi di mercato orso dal 1928, dieci delle quali hanno coinciso con fasi di recessione dell’economia Usa. Le eccezioni sono state nel 1961, 1966 e 1987, che (proprio in quanto non si sono manifestate in contesti di recessioni) sono durate poco, e sono state seguite da veloci periodi di ripresa”.
Pur ammettendo la presenza di panico sui mercati, Bank of America sottolinea:
“Giustificata la cautela nel breve periodo, ma non vendete sulla scia del panico”. Vero, tuttavia, che “esistono, nel nostro modello, tre fattori chiave per i ritorni dell’azionario: le valutazioni, il sentiment e la crescita. Nel breve termine il sentiment e la crescita sono i fattori che incidono maggiormente. Il panico si sta formando, e le probabilità più alte sono di un presupposto per un rally, ma qui l’elemento che manca è la crescita. Con gli analisti che tagliano sempre più le loro stime, i rischi che aumentano in Cina e nessun supporto, almeno in apparenza, per i prezzi del petrolio, rimaniamo cauti sull’azionario, nel nostro outlook di breve termine”.
Savita precisa che le vendite sull’azionario si presentano in un contesto di:
- rallentamento della crescita economica Usa e globale (con il Pil Usa del quarto trimestre in rialzo +1% circa)
- Collasso dei prezzi delle commodities (i prezzi del petrolio si sono attestati nel quarto trimestre a un valore in calo su base annua – in media – del 42%).
- Timori rinnovati sulla Cina (indice Shanghai Composite in calo -38% dallo scorso giugno).
- Aumento delle tensioni geopolitiche (Medio Oriente, Corea del Nord etc.)
- Prima transizione della Federal Reserve verso una politica monetaria restrittiva in un decennio
L’analista conclude che:
“questi fattori hanno creato un contesto difficile per la reddività delle aziende, e noi prevediamo che l’Eps del quarto trimestre segnerà una contrazione -1% su base annua (contro il -4% atteso dal consensus)”.
Savita appartiene in ogni caso alla categoria dei 10 “esperti” di Barron’s che prevedono in media un trend bullish per lo S&P, come elencato sotto.
Da JP Morgan a Citi, le stime per lo S&P
Banca consiglia ai suoi clienti di vendere tutto
“Vendete tutto”. È il messaggio, rivolto ai suoi clienti, arrivato da RBS. A darne la notizia, in un articolo pubblicato sul Telegraph, Ambrose Evans-Pritchard, secondo cui Andrew Roberts, e il team di strategia sui tassi di interesse di RBS, avrebbero detto:
“Vendete tutto eccetto bond di alta qualità. In un corridoio affollato, le vie di uscita sono ristrette”.
RBS parla di un “anno di cataclismi” e di una crisi deflazionistica globale, e ritiene che i principali indici azionari potrebbero perdere un quinto del loro valore, mentre il petrolio potrebbe scivolare fino a $16 al barile.
Il team fa riferimento a una serie di alert di stress sul mercato simili ai mesi turbolenti che precedettero la crisi di Lehman Brothers. Riguardo alla Cina Andrew Roberts, numero uno della divisione, fa notare che “l’azionario e i mercati del credito sono diventati molto pericolosi”. Su Wall Street e l’azionario europeo, si prevedono perdite tra -10% e -20%, con il Ftse 100 di Londra che accuserà cali ancora più importanti:
“Londra è vulnerabile a shock negativi. Tutte queste persone che sono long sulle aziende di estrazione e petrolifere pensando che i dividendi siano al sicuro, scopriranno che non sono affatto al sicuro”.