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(WSI) – E’ stata rinviata al 5 dicembre
“per prosecuzione della discussione” in Corte
d’appello civile l’udienza per il ricorso
presentato dal presidente di Ifil Gianluigi
Gabetti, Franzo Grande Stevens (componente
del cda dell’Ifil e avvocato incaricato da
Gabetti di studiare il caso swap), Virgilio
Marrone, amministratore delegato dell’Ifi (la
holding di controllo del gruppo), con l’Ifil e
la Giovanni Agnelli e C., contro le sanzioni
comminate dalla Consob riguardo all’operazione
di equity swap grazie alla quale l’Ifil,
società di investimenti della famiglia Agnelli,
aveva mantenuto il 30 per cento della
Fiat, in seguito alla scadenza del prestito
convertendo del valore di tre miliardi di euro
da parte di un pool di banche creditrici
nel settembre del 2005.
L’udienza di ieri è
durata cinque ore e mezza, il tempo necessario
alle parti di esporre le loro posizioni.
L’equity swap fu sanzionato dalla Consob per informazioni irregolari al mercato. Le
sanzioni erano indirizzate a Gianluigi Gabetti,
a Franzo Grande Stevens e Virgilio
Marrone, e a due delle società della catena
di controllo coinvolte, la stessa Ifil e la Giovanni
Agnelli e C., l’accomandita di casa
Agnelli. Secondo la Consob, era stato manipolato
il mercato attraverso la diffusione di
comunicati fuorvianti, in particolare per
aver negato l’esistenza di piani allo studio in
vista del convertendo Fiat. I tre manager
erano stati condannati e anche sospesi. Gabetti
per sei mesi, Grande Stevens per quattro
e Marrone per due, successivamente la
sanzione è stata sospesa dalla Corte d’appello
di Torino, lo scorso aprile, dopo un ricorso
di urgenza da parte degli interessati.
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La vicenda risale all’agosto 2005, alla vigilia
della conversione del prestito convertendo
da 3 miliardi di euro da parte di un
pool di otto banche alla Fiat. Il titolo Fiat fece numerosi strappi al rialzo. La società e la
Giovanni Agnelli e C. Sapaz con i comunicati
emessi il 24 agosto 2005 su richiesta della
Consob dissero di non disporre di informazioni
utili a spiegare l’andamento del titolo
Fiat in Borsa, negando l’esistenza di iniziative
allo studio in vista della scadenza del
convertendo. Secondo quanto sostenuto da
Ifil, a quella data quelle affermazioni corrispondevano
al vero, in quanto non era ancora
nota la disponibilità di Merrill Lynch a
modificare un preesistente contratto di
equity swap (stipulato con Exor, società partecipata
da Ifil) per rendere disponibile per
il 20 settembre (data della trasformazione in
azioni Fiat del prestito convertendo) un
quantitativo di azioni tale da consentire alla
holding famigliare di mantenere la soglia
del 30 per cento nel capitale della Fiat, disponibilità
che fu richiesta e accertata solo
in una data successiva al 25 agosto. L’ipotesi di questa operazione – secondo la posizione
dell’Ifil – era all’epoca ignota sia ai soci familiari
della Giovanni Agnelli e C. Sapaz sia
al cda dell’Ifil. L’operazione fu illustrata e
l’approvazione fu concessa solo, rispettivamente,
il 14 e il 15 settembre.
Secondo alcuni osservatori, la storia interessante
legata alla vicenda equity swap
è la seguente. La Consob ritiene che non
siano state rispettate le regole di mercato.
Se le decisioni della Consob saranno confermate
dai giudici di appello, bisognerà
giudicare con realismo i fatti del 2005: gli
azionisti di riferimento della Fiat forzarono
le regole, e ciò consentì di mantenere stabilità
azionaria al gruppo automobilistico.
Senza la quale oggi probabilmente Sergio
Marchionne non ci sarebbe, e le banche disputerebbero
del futuro della Fiat, e dei
suoi assetti di comando, esattamente come
sta succedendo in queste ore su Telecom.
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