Si parla di spread e in automatico parte, sistematicamente, il collegamento ai mutui degli italiani.
Da una parte c’è chi sostiene che un aumento del differenziale tra BTp e Bund, ovvero appunto lo spread, comporti un rincaro nei costi dei mutui dei cittadini, dall’altra c’è chi risponde invece che tra le due cose non ci sia correlazione alcuna.
Tra legittimi timori reali e propagande politiche per uno piuttosto che l’altro verso, dove sta la verità? Lo spread influenza realmente il costo dei mutui o no?
A fare luce sulla questione c’è un articolo de Il Sole 24 Ore firmato da Vito Lops, dove si vanno a fugare i dubbi su questa tematica. La risposta finale è che lo spread non influenza i mutui a tasso variabile in essere, come di seguito vedremo.
In prima battuta si ricorda che, per definizione, non sono soggetti all’andamento dello spread i mutui a tasso fisso: il loro tasso è infatti bloccato per sempre indipendentemente da ciò che accade.
In secondo battuta, l’analisi va più in profondità ed analizza la situazione inerente ai mutui a tasso variabile, che necessitano di un maggior grado di dettaglio. Sono infatti in molti a credere che il tasso variabile sia soggetto alle tensioni finanziarie, le quali possono influenzare l’andamento dello spread, e l’andamento degli indici Euribor ai quali i mutui sono indicizzati.
Come si evince dalla figura sottostante (grafico degli ultimi 3 anni che mette in evidenza come l’Euribor a 1 mese sia pari a -0,37% e quello a 3 mesi a -0,32%), la correlazione tra spread ed Euribor non esiste.
Tradotto: chi ha un mutuo a tasso variabile, anche se lo spread sale, non vede salire la propria rata.
Ad influenzare le rate dei muti a tasso variabile sono quindi il tasso ufficiale della Bce e l’Euribor; l’Euribor, che ripetiamo non subisce l’andamento dello spread, a sua volta è soggetto a due fattori: il rialzo dei tassi da parte della Bce che indicano l’andamento del costo del denaro, ed eventuali crisi di fiducia tra le banche che le porterebbero a non a prestarsi la liquidità tra loro nel mercato interbancario.
Non vi sono quindi altri motivi che possano influenzare l’andamento delle rate dei mutui in essere a tasso variabile se non questi due.
L’unica possibilità per la quale lo spread agisca sui mutui, è inerente ai nuovi mutui. Questo perché l’andamento dello spread Btp-Bund può avere nel medio periodo, vale a dire tra i sei ed i nove mesi circa, un’influenza sui comportamenti delle banche spingendole ad aumentare i costi, appunti, dei nuovi mutui; ma nulla varia per i mutui già in essere.
In questo caso, e solo in questo, i nuovi mutui potrebbero subire il maggior costo derivante dalla difficoltà nella raccolta del denaro delle banche e sulla gestione della loro tesoreria.
In contrapposizione a questo, va però ricordato che gli stessi potenziali aumenti dei costi dei nuovi mutui sono anche soggetti a scelte commerciali e di marketing, che spingono in maniera opposta (un aumento dei costi non conviene infatti alla banca dal punto di vista dell’attrattività verso la clientela).
Ne è prova concreta il fatto che da maggio 2018, con lo spread che è passato 120 punti base a 300, i mutui in essere non hanno subito variazioni nelle rata e nemmeno i nuovi mutui sono stati modificati dal punto di vista dei costi.