Dal 2000 l’economia italiana si trova su un binario morto. A dispetto del ventennio precedente, il Pil italiano ha registrato una crescita poco sopra lo zero, crescendo mediamente dello 0,2 per cento ogni anno.
Un andamento che stride se paragonato al trend registrato tra gli anni ’80 e ’90 quando la crescita media è stata del 2%. Per non parlare del periodo tra il 1960 e la fine degli anni ‘70 quando l’aumento medio del Pil è stato addirittura del 4,8 per cento medio annuo.
Ad accendere i fari sulla stagnazione quasi ventennale dell’economia italiana è la Cgia di Mestre.
“Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – e le previsioni, purtroppo, non lasciano presagire nulla di buono. L’economia mondiale sta rallentando, manifestando evidenti segnali di incertezza e di sfiducia in tutta l’area dell’euro che, comunque, in questi ultimi 18 anni è cresciuta del 30 per cento; 7 volte in più dell’incremento registrato dall’Italia. Bassa produttività del sistema paese, deficit infrastrutturale, troppe tasse e una burocrazia ottusa ed eccessiva sono le principali cause di questo differenziale con i nostri principali partner economici”.
Impietoso è anche il confronto con i partner europei. La crescita registrata dai principali Paesi dell’area dell’euro è stata molto superiore alla nostra. Se in Italia negli ultimi 18 anni l’incremento del Pil è stato di 4 punti percentuali (variazione calcolata su valori reali), in Francia l’incremento è stato del 25,2 per cento, in Germania del 26,5 per cento e in Spagna addirittura del 34,7 per cento.
L’area euro (senza l’Italia) ha riportato una variazione positiva del 29,7 per cento. Tra i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica solo il nostro Paese (-4,1 per cento) e la Grecia (-23,8 per cento) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione pre-crisi (anno 2007).
Entrando nel dettaglio dei numeri e analizzando i singoli settori economici, emerge che, nonostante un differenziale negativo sul fronte produttivo di circa 16,1 punti percentuali, il settore manifatturiero continua a essere il vero motore dell’economia del paese
I comparti che hanno registrato i risultati più deboli sono la gomma/plastica (-27,4 per cento), il mobile (-28,4 per cento), il legno/carta/stampa (-32,9 per cento), il tessile/abbigliamento/calzature (-34,3 per cento), il computer/elettronica (-38,4 per cento) le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (-49,9 per cento). Tra tutti i comparti analizzati solo gli alimentari/bevande (+15,7 per cento) e il farmaceutico (+31,6 per cento) hanno incrementato la produzione in questi ultimi 18 anni.