MOSCA (WSI) – Il governo russo teme più di tutto due cose: l’espansione a Est e l’incremento dell’influenza della Nato – e in questo senso l’annessione del Montenegro è uno smacco enorme – e la caduta dell’unico alleato rimasto in Medioriente, Bashar al-Assad, leader di un paese, la Siria, su cui tutte le potenze mondiali da secoli hanno messo gli occhi per la sua posizione strategica con sbocco al mare.
Ma come in tutti gli altri paesi del mondo la gente, che storicamente in Russia a dovuto fare fronte a guerre, malattie e povertà, teme soprattutto per le proprie condizioni economiche. Se da un lato il successo sul piano internazionale e in particolare in Medioriente dell’amministrazione Putin è innegabile, la situazione economica interna è drammatica.
In un report sullo stato di salute dell’economia russa, ricca di risorse naturali come il gas ma anche per questo troppo dipendente da gasdotti e esportazioni, Stefano Francesco Fugazzi di ABC Economics ha lancia l’allarme sancendo il fallimento delle politiche economiche dello zar russo.
Il Pil, danneggiato dalla crisi geopolitica in Medioriente e dal crollo dei prezzi del petrolio, è in una fase di declino costante. La decisione dell’Opec di non aumentare i livelli di produzione in un mercato saturo di barili di greggio ha inflitto un duro colpo alle aziende petrolifere ed energetiche, nonché all’economia russa.
Il ministro russo delle Finanze, Anton Siluanov, ha già preventivato tempi bui in questo frangente anche nel 2016. Il governo deve essere preparato a una nuova contrazione del petrolio e a prezzi in area 30 dollari al barile nel 2016. I motivi sono quelli noti e citati dagli analisti: l’offerta è sempre più in sovraccarico e ci sono nuove scorte in arrivo sul mercato, per esempio dall’Iran, un paese che non ha più sanzioni internazionali a ostacolarlo.
I volumi dei beni e servizi esportati “si sono deteriorati in maniera significativa negli ultimi mesi”, si legge nella ricerca. Nonostante le tensioni geopolitiche, intensificatesi dopo l’abbattimento da parte della Turchia, membro della Nato, di un aereo da caccia russo al confine con la Siria, in Russia si vide da anni un calo delle importazioni di beni e servizi. Sono in fase di contrazione dal 2010.
In rapporto al Pil i risparmi nazionali lordi sono calati da quando Putin è salito al potere nel 1999. Gli investimenti complessivi (espressi in percentuale al Pil) sono in flessione dal 2011.
Anche se l’inflazione si è stabilizzata dopo la crisi degli Anni 90, osserva l’autore dello studio, negli ultimi mesi è tornata a salire progressivamente, toccando i massimi di 13 anni. In termini occupazionali, il tasso d’occupazione non ha fatto progressi significati.
Questi dati sono sufficienti a dichiarare un fallimento le politiche economiche di Putin? Secondo l’economista Fugazzi si. Per capirlo basta dare un’occhiata ai grafici dei principali elementi dell’economia elaborati da ABC Economics in base ai dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale.