Il nome di Angela Merkel non viene mai proferito, ma è chiaro che, per l’Economist, è lei la colpevole dei problemi dell’Europa, in quanto promotrice dell’austerity e delle tasse che hanno piegato e stanno a suo avviso tuttora piegando sia l’euro che l’Unione europea. Nell’ultimo numero in edicola, esattamente a pagina 53, la rivista boccia la politica economica dell’Europa: una politica, che ricorda, viene pensata a Berlino dai tedeschi e poi sfornata ufficialmente da Bruxelles. E una politica economica che è il contrario di quelle che hanno preso spunto da John Maynard Keynes per curare le malattie che sotto forma di recessione fiaccano l’economia mondiale.
Altro che stimoli fiscali, altro che denaro pubblico per rilanciare gli investimenti e la crescita. L’Europa di Merkel ha preso decisioni diametralmente opposte, facendo dell’austerity la regola numero uno. Una regola che ha provocato solo danni e che ironicamente ha finito per affossare ancora di più non solo i fondamentali economici dei paesi che compongono il puzzle europeo, ma anche quegli stessi conti pubblici che si sperava di sanare.
L’articolo dell’Economist è stato ripreso da Francesco De Dominicis, Il Giornale, che ha scritto:
“Studi a parte, anche i dati parlano chiaro. Spagna e Gran Bretagna, oggi, sono le economie migliori del Vecchio continente. Le ultime indicazioni dell’Eurostat dicono che il paese iberico può raggiungere a fine anno l’obiettivo del Pil al 3,2 per cento, mentre la Gran Bretagna viaggia verso una crescita del 2,2 per cento. Certo, si dirà: gli inglesi sono fuori dall’euro e ora con la Brexit potrebbero addirittura crescere di più. Per la Spagna, invece, la chiave del successo sta nell’aver in qualche modo osato violare o per lo meno viaggiare sul confine dei paletti di bilancio: il deficit spagnolo è stato anche al di sopra del famigerato tetto del 3 per cento nel rapporto col prodotto interno lordo. Come dire: «Austerity, no gracias». Madrid ha indicato la rotta giusta, Roma deve solo avere lo stesso coraggio. I dati sul Pil si spiegano con quelli sul deficit. L’Italia è sotto il 3% nel rapporto deficit/Pil (2,6%) mentre il Regno Unito è al 4,4% e la Spagna al 5,1%. Premiati, dunque, i Paesi che hanno evitato l’austerità”.
Intanto, in attesa del vertice di Ventotene, il Times parla della presunta intenzione del premier Matteo Renzi di stabilire un patto con Merkel che preveda una sorta di “scambio”: ovvero, Renzi potrebbe decidere di ufficializzare il suo sostegno alla linea soft sulla gestione della Brexit auspicata dalla cancelliera tedesca, per ottenere in cambio un allentamento delle ricette di austerity.
Il titolo è indicativo: “Renzi si salva la pelle con un accordo sulla Brexit”.
“Dando il suo sostegno alla leader tedesca, Renzi spera in un aiuto da parte della cancelliera che miri a sbloccare i fondi che potrebbero salvare la sua carriera politica. A Renzi servirà il superamento dei livelli di deficit concordati con Bruxelles per realizzare una serie di tagli fiscali promessi e aumenti retributivi, in un momento in cui i dati mostrano che l’economia italiana è di nuovo sull’orlo di una recessione”.