ROMA (WSI) – Incentivare investimenti in ricerca e sviluppo, in istruzione, per aiutare le produzioni ad alto valore aggiunto. Accrescendo cosi’ la produttivita’ del nostro Paese.
E’ questa la ‘ricetta’ che, secondo Vincenzo Atella, docente di Economia politica e direttore del Ceis Tor Vergata (Centre for Economic and International Studies), il nostro Paese dovrebbe seguire per uscire dalle ‘secche’ della crisi economica, come dicono gli ultimi dati sulla produttivita’ nell’Eurozona.
“Per quanto riguarda il calo della produttivita’ -spiega Atella a Labitalia- questa non e’ una notizia che arriva inaspettata, nel senso che se guardiamo i dati Ocse sulla produttivita’ in Italia a partire dal 2000 sono dei dati sempre in calo e con i piu’ bassi aumenti di produttivita’ del lavoro. Quindi, e’ una notizia diciamo abbastanza nota, e quello che sta succedendo adesso e’ che il fenomeno si sta acuendo in maniera maggiore”.
Secondo Atella, “una delle cose che non riusciamo a fare e’ aumentare la produzione e quindi e’ ovvio che la produttivita’ in questo momento sta scendendo: al momento, non si vedono degli spazi, se le cose rimangono cosi’, per invertire questo fenomeno”.
E fino a questo momento gli interventi fatti, secondo Atella, non vanno nella direzione giusta. “Sgomberiamo il campo da luoghi comuni: la riforma del lavoro -dice Atella- al massimo puo’ servire per aumentare l’occupazione. La produttivita’ e’ una cosa assolutamente diversa, perche’ significa sostanzialmente dire: ‘ogni occupato cosa produce’.
La riforma del lavoro, certo, non aiuta a migliorare la produttivita’, anzi se la riforma del lavoro fosse in grado di aumentare l’occupazione, a parita’ di prodotto, noi abbassiamo la produttivita’”.
“Cio’ che e’ necessario in Italia – sottolinea Atella – sono politiche di lungo periodo, riforme strutturali in grado di migliorare i livelli di produttivita’ di chi sta lavorando e questo lo possiamo fare se ricominciamo in qualche modo a portare il Paese Italia e la ‘macchina Italia’ su produzioni ad alto contenuto di valore aggiunto. L’esempio piu’ evidente da questo punto di vista e’ la Germania, che sta andando bene anche perche’ i suoi prodotti si posizionano su livelli di complessita’ e qualita’ che contengono che sono molto elevati e quindi non temono la competizione“.
“Se il nostro sistema industriale invece negli anni, per tutte una serie di ragioni – conclude – e soprattutto per politiche industriali sbagliate, si e’ andato adagiando su produzioni a basso valore aggiunto, oggi noi paghiamo queste scelte. E’ chiaro che e’ una situazione che va affrontata da subito con serie politiche che incentivino e favoriscano in qualche modo gli investimenti in ricerca e sviluppo, in istruzione, tutte cose che noi negli ultimi dieci anni abbiamo buttato via e abbiamo trascurato”. (Lab/Opr/Adnkronos)