ROMA (WSI) – In mezzo a tanti nomi e incessanti speculazioni, nella corsa alla Presidenza della Repubblica che sta per andare in scena si possono trarre solo un paio di conclusioni: nessuno dei candidati in lizza e’ ancora in pole position e la mancanza di una maggioranza parlamentare stabile rischia di complicare, e di molto, le cose.
Per eleggere il nuovo capo dello Stato – il mandato di Giorgio Napolitano scade il 15 maggio – serviranno due terzi dei voti tra Camera e Senato (calcolati sul numero di presenti all’assemblea riunita in seduta comune, convocata insieme a tre delegati per ciascuna regione), ovvero 537 piu’ uno. Il centro sinistra ha 340 deputati, ma gliene servono altri 197. Se a quelli si tolgono i 123 senatori ottenuti da Pd e Sel, all’appello mancano ancora almeno 74 voti per arrivare al numero magico.
Il centro sinistra dovra’ quindi chiedere i voti a qualcun altro e quelli della Lista Monti (ferma a 19 al Senato e 47 alla Camera, 66 in totale) non basteranno. Bisognera’ trattare obbligatoriamente con il PdL e Lega (125 alla Camera piu’ 117 al Senato) o con il Movimento 5 Stelle (109 + 54).
Grillo ha fatto sapere che il suo candidato – a titolo personale – e’ il premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, ma che il nome del prescelto del Movimento 5 Stelle verra’ deciso con una sorta di voto online. Lo stesso Fo ha per il momento escluso di volere ricoprire il ruolo.
Questi sono gli altri nomi che fa invece Antonella Rampino su La Stampa, basandosi sulle voci che circolano nei palazzi istituzionali di Roma:
Romano Prodi è un nome troppo “compromesso” con la storia del Pd perché altri partiti possano votarlo.
Giuliano Amato sembra “più trasversale”.
Franco Marini, dicono alcuni (“voci non confermate”) si sarebbe visto con Berlusconi.
Emma Bonino potrebbe andare bene soprattutto al Movimento 5 Stelle (ma meno ai cattolici), al gruppo Monti e alle parlamentari donna.
Da parte sua Berlusconi potrebbe proporre Gianni Letta.
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea comune del Parlamento, cui partecipano deputati e senatori. Dopo il terzo scrutinio, in caso di un nulla di fatto, e’ sufficiente la maggioranza assoluta.