(in aggiornamento)
(ANSA) – A pochi giorni dalla prima marcia del milione, gli organizzatori della protesta popolare contro il rais Hosni Mubarak hanno bissato. Oggi nella piazza Tahrir del Cairo i manifestanti erano due milioni e un milione ad Alessandria. Con la stessa rivendicazione di sempre: il rais lasci il potere e se ne vada. La giornata aveva anche un sapore simbolico. Gli organizzatori l’avevano definita la ‘Giornata della partenza’, pensando che oggi avrebbero visto la fine del regime del rais.
Così non è stato ma si è intensificato il lavoro politico per sbloccare la situazione, arrivata all’undicesimo giorno di proteste di piazza e con l’annuncio di convocazioni di nuove manifestazioni oceaniche per domenica, martedì e venerdì prossimi. Il cosiddetto ‘Comitato dei saggi’, la cui figura più prominente è l’attuale segretario generale della Lega araba Amr Mussa, ha messo sul tavolo del vicepresidente Omar Suleiman un pacchetto di proposte. La più significativa delle quali prevede un meccanismo, in base all’articolo 139 della Costituzione, per un passaggio di poteri effettivi dal presidente al suo numero due, di fatto trasformando Mubarak in un presidente pro forma. Uno dei membri del Comitato dei saggi, Ahed Abdel Meghid, ha spiegato che Suleiman ha raccolto positivamente la proposta, che chiede anche lo scioglimento del Parlamento e l’abolizione della legge d’emergeza in vigore da 30 anni, e che domani verrà esaminata dalle forze di opposizione.
Il pacchetto è stato però subito bocciato dalla piazza, che ha annunciato che la sua protesta andrà avanti ad oltranza. I manifestanti non si sono fatti impressionare dall’arrivo in piazza, per la prima volta dall’inizio della protesta, dello stato Mussa. Così come non hanno modificato le loro posizioni i Fratelli musulmani, che in mattinata hanno diffuso un comunicato nel quale chiarivano di non avere nessuna ambizione presidenziale. Opposta la posizione di Mohammed El Baradei che ha smentito una intervista ad un quotidiano austriaco nella quale affermava di non essere un candidato alla presidenza, preferendo essere ‘un facilitatore delle riforme e del passaggio ad un sistema democratico. ”Nulla ostacola una mia candidatura se il popolo lo vuole”, ha corretto il tiro l’ex capo dell’Agenzia atomica internazionale in serata.
La giornata di oggi ha fatto segnare un ritorno alla calma nella piazza e nelle strade della protesta, anche grazie al ruolo attivo dell’esercito nel tenere lontane le opposte fazioni. Migliaia di supporter del rais si sono presentati vicino alla piazza, ma i soldati gli hanno impedito di avvicinarsi ai manifestanti anti regime, evitando le violenze che hanno segnato la giornata di mercoledì, in cui 11 persone, secondo quanto annunciato stasera dal ministero della sanità, sono rimaste uccise. La giornata si chiude però con una impasse. Il primo ministro Ahmed Shafiq, nominato da Mubarak insieme a Suleiman per dare il segno di rinnovamento del potere, ha escluso che il presidente possa passare i suoi poteri presidenziali al suo vice. La piazza non molla e, oltre che al Cairo, centinaia di migliaia di dimostranti nel venerdi della grande mobilitazione sono scesi in piazza anche a Alessandria, Suez, Porto Said e altre città ma anche in questo caso senza incidenti di rilievo. Tant’é che la Tv pubblica stasera ha annunciato che da domani il coprifuoco notturno sarà ridotto di altre due ore: inizierà alle 19:00 e terminerà alle 06:00 del mattino successivo. Le pressioni internazionali per una transizione da subito si rinnovano. Oggi è stata la volta dei leader dei Ventisette in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles. E anche gli Usa si sono fatti nuovamente sentire: la Casa Bianca continua a premere per “riforme concrete e immediate”. (di Danila Clegg)
(TM News) – “Gli attacchi ai reporter al Cairo sono inaccettabili, gli attacchi ai diritti umani sono inaccettabili, la violenza è inaccettabile” così il presidente Obama ha commentato le vicende in Egitto durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro canadede Stephen Harper, ospite a Washington. Il presidente americano ha descritto tre punti chiave per porre fine alle proteste contro il regime di Hosni Mubarack. “Numero uno: ci opponiamo con forza a qualsiasi forma di violenza, questa non è la risposta ai problemi in Egitto; numero due: il futuro del paese è in mano agli egiziani, al suo popolo, elezioni giuste e libere sono fondamenti importanti per il futuro dell’Egitto; terzo punto: cerchiamo di vedere questo momento difficile come un’opportunità, una sfida per gli egiziani, che hanno gli occhi del mondo puntati addosso. Spero possano costruirsi un futuro brillante come meritano”.
(AGI) – Il Cairo, 4 feb. – Il primo ministro egiziano Ahmed Shafiq compie un gesto distensivo con l’opposizione annunciando che i manifestanti riuniti a piazza Tahrir non saranno allontanati con la forza. E’ quanto si legge in un comunicato.
Shafiq ha ribadito “che i dimostranti sono liberi di restare a piazza Tahrir e nessuno sara’ arrestato solo per aver partecipato alle proteste puche’ non vengano commessi azioni violente o vandaliche”. Le autorita’ egiziane hanno disposto una riduzione di quattro ore del coprifuoco notturno in vigore al Cairo, ad Alessandria e a Suez: lo ha annunciato la televisione di Stato, secondo cui da domani il provvedimento scattera’ dalle 19 alle 6 del mattino successivo ora locale, fra le 18 e le 5 in Italia, anziche’ dalle 17 alle 7 del giorno dopo, fra le 16 e le 6 italiane, come era previsto finora. Il coprifuoco era stato introdotto il 28 gennaio scorso, dapprima su scala nazionale, per poi essere circoscritto alle tre citta’ dove tuttora rimane comunque fermo.
(WSI-ANSA) – Nel ‘Venerdì della partenza di Mubarak’, come lo ha definito il leader dell’opposizione El Baradei, in piazza Tahrir al Cairo ci sarebbero due milioni di persone a chiedere la partenza del rais e già si sono verificati i primi scontri tra pro e contro regime. Un milione ad Alessandria. Non ci sono grandi reazioni politiche al discorso di Mubarak, intervistato ieri dalla televisione Usa Abc, alla quale ha detto di volere andarsene ma di non poterlo fare per evitare il caos al paese. Il premio Nobel El Baradei ha smentito le indiscrezioni secondo cui avrebbe deciso di non candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, previste per agosto.
Nella mattina egiziana sono iniziate a circolare voci secondo cui il presidente avrebbe accettato di dimettersi ma solo a certe condizioni. Al-Jazeera ha spiegato che tra la folla si e’ iniziata a diffondere una sensazione di sollievo dopo il tanto sangue sparso nei giorni scorsi.
Il clima nella piazza e’ dunque quasi di festa, ma stando agli ultimi dati forniti dalle autorita’ egiziane, il bilancio e’ pesante: le vittime di questi giorni di scontri nella capitale sono state otto e si contano almeno 915 feriti. Negli ospedali ci sono ancora 86 feriti gravi. In tutto il paese negli ultimi due giorni sono almeno dieci le persone che hanno perso lavita negli scontri e piu’ di ottocento quelle rimaste ferite.
Intanto e’ iniziato il coprifuoco notturno in vigore al Cairo, ad Alessandria e a Suez, di cui pero’ le autorita’ egiziane hanno disposto la riduzione di quattro ore per domani. Il provvedimento scattera’ dalle 19 alle 6 del mattino successivo ora locale, fra le 18 e le 5 in Italia, anziche’ dalle 17 alle 7 del giorno dopo, fra le 16 e le 6 italiane, come era previsto finora. Il coprifuoco era stato introdotto il 28 gennaio scorso, dapprima su scala nazionale, per poi essere circoscritto alle tre citta’ dove tuttora rimane comunque fermo.
Come segnala la Bbc ad alcuni varchi che conducono verso piazza Tahrir i militari non hanno fatto piu’ passare i manifestanti. La piazza non si sta comunque svuotando ed e’ iniziato un nuovo momento di preghiera e di raccoglimento. Qualcuno ha iniziato a proporre di far partire una marcia verso il palazzo presidenziale e sul tema si e’ aperto un confronto tra la folla.
In un comunicato congiunto i leader dei 27 paesi che fanno parte dell’Unione Europea detto di seguire “con preoccupazione il deterioramento della situazione in Egitto. Tutti i partiti dovrebbero mostrare moderazione ed evitare ulteriori violenze e iniziare una transizione ordinata verso un nuovo governo largamente condiviso”. Nella nota si sottolinea che il momento di transizione deve iniziare adesso.
In un comunicato i Fratelli musulmani hanno detto di non puntare alla presidenza del paese e di volere una regime democratico e civile. Il governo si è impegnato a garantire che le manifestazioni possano avvenire in maniera pacifica. Il ministro della Difesa Mohammed Hussein Tantawi si è recato personalmente nella piazza questa mattina per verificare le misure di sicurezza. L’esercito la sta presidiando, per evitare che bande di violenti possano entrare creando gli scontri violenti di due giorni fa. Continuano le limitazioni ai movimenti dei giornalisti ai quali viene impedito di accedere alla piazza ma, a quanto pare, senza le aggressioni fisiche dei giorni scorsi. Due inviati italiani sono stati fermati, i loro documenti sono stati controllati e dopo momenti di paura sono stati rilasciati.
La tv Al Jazeera ha detto che il segretario generale della Lega Araba è – per la prima volta dall’inizio delle manifestazioni anti Mubarak – in piazza Tahrir al Cairo. Intanto a Rafah, nella Striscia di Gaza, continuano le manifistazioni proegiziane antigovernative. Oggi sono almeno in 50mila a chiedere le dimissioni di Mubarak in piazza. Rafah si trova proprio al confine con l’Egitto.
Per quanto riguarda la situazione economica, la banca Credite Agricole si e’ chiesta quanto costa al paese la crisi, con le rivolte nelle strade che da 10 giorni paralizzano il paese. Al giorno le perdite sono di $310 milioni. Di conseguenza la crescita e’ stata rivista al ribasso al 3,7% dal 5,3 nel 2011. L’economia e’ stata congelata di fatto dopo che decine di migliaia di manifestati hanno iniziato a scendere in piazza per chiedere le dimissioni del presidente al potere da 30 anni. Ieri la banca centrale aveva deciso di porre il divieto ai prelievi superiori a $100.000 in tutto il paese.
Qui sotto riportiamo un video shock che circola in Rete di una vettura (che chi ha girato il filmato sostiene sia un’auto diplomatica egiziana) che ha investito 20 persone in una strada del Cario una settimana fa, in quello che e’ stato battezzato il “giorno della collera”. Le riprese risalgono al 28 gennaio, dopo che il governo ha deciso di imporre un black out dei service provider Internet. Il filmato e’ stato caricato su YouTube il 3 febbraio, dopo che i servizi sono stati riattivati.
SULEIMAN, MUBARAK NON FARA’ COME BEN ALI – ”L’Egitto non sara’ in alcun modo come la Tunisia” e il presidente Mubarak ”non lascera’ il Paese”, come invece ha dovuto fare il presidente tunisino Ben Ali: cosi’ il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman, ha risposto alla giornalista della Abc Christian Amanpour, in un’intervista esclusiva concessa all’emittente americana. uleiman, che ha avuto un colloquio sia con il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, sia con il vicepresidente Joe Biden, ha confermato che Barack Obama ha chiesto a Mubarak di lasciare. ”Ho spiegato al segretario Clinton che si tratta di un processo, al termine del quale il presidente Mubarak lascera”’, ha detto Suleiman. Ma Mubarak ”non lascera’ mai il Paese”. ”L’Egitto non sara’ in alcun modo come la Tunisia. Qui e’ diverso. Conoscete il nostro presidente, e’ un combattente. Ha vissuto in questo Paese e morira’ nella sua terra”.
LEADER UE: STOP VIOLENZE,TRANSIZIONE SIA RAPIDA – Un forte appello ad evitare nuove violenze e a dare inizio ad ”una transizione rapida e ordinata” in Egitto e’ lanciato dai leader della Ue, nella bozza di conclusioni del vertice, che l’ANSA e’ in grado di citare. I leader, che seguono con preoccupazione la situazione. dichiarano ”inaccettabile” ogni repressione della liberta’ di stampa, incluse le aggressioni e le intimidazioni ai giornalisti”.
KHAMENEI: E’ SOLLEVAZIONE CONTRO GLI USA – “La più importante motivazione” della sollevazione popolare inEgitto E in altri Paesi arabi è eliminare “la dipendenza dagliStati Uniti”.Lo ha detto la Guida suprema iraniana, ayatollahAli Khamenei, parlando alla preghiera del venerdì a Teheran peril quale le proteste sono “un riflesso” della rivoluzioneislamica del 1979 in Iran.
PRESSING USA SU MUBARAK – Cresce il pressing americano su Mubarak affinché il presidente egiziano lasci subito l’incarico. In nottata l’amministrazione Obama ha fatto filtrare la notizia che sta discutendo con “autorità egiziane” non meglio precisate una serie di opzioni che prevedono l’immediata uscita di scena di Hosni Mubarak e la formazione di un Governo di transizione. La Casa Bianca ha da giorni scelto una linea prudente, ma di ora in ora – sull’onda di quanto avviene nelle piazze – spinge sempre più sull’acceleratore, negoziando direttamente con il vice-presidente Omar Suleiman e lavorando ai fianchi i più stretti collaboratori del rais egiziano perché convincano Mubarak che è proprio arrivata l’ora di uscire di scena.
MUBARAK, MI DIMETTEREI MA TEMO IL CAOS – “Mi dimetterei se potessi, ma temo il caos, dopo 62 anni al servizio del pubblico ne ho abbastanza. Voglio andarmene”: così il presidente Hosni Mubarak aveva detto alla rete americana Abc, ribadendo di “non aver mai avuto intenzione di scappare, né che (mio figlio) Gamal diventasse presidente dopo di me”. Intervistato da Christiane Amanpour, alla presenza anche di Gamal, Mubarak ha sostenuto di “non pensare agli insulti” che la piazza gli rivolge, perché – ha detto – “mi importa del mio Paese, mi interessa dell’Egitto”.
(ASCA) – L’ondata di rivolte che sta attraversando diversi Paesi arabi, come l’Egitto, e’ un segno del ”risveglio islamico” ispirato alla rivoluzione iraniana del 1979. Lo ha dichiarato il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, nel corso della preghiera musulmana del venerdi’.
”Gli sviluppi in Nord Africa, Egitto e Tunisia e in altri Paesi assumono un significato nuovo per noi”, ha spiegato Khamenei.
”E’ cio’ di cui abbiamo parlato molto. Ovvero quel risveglio islamico e’ ispirato alla rivoluzione della grande nazione iraniana la cui immagine si sta mostrando a tutti”, ha detto.
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(TMNews) – Il presidente egiziano Hosni Mubarak, che deve fronteggiare una contestazione popolare senza precedenti, è “il servo dei sionisti e degli Stati Uniti”. E’ la dura accusa lanciata dalla guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, in un discorso dedicato alle rivolte in Egitto e in Tunisia.
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(TMNews) -E’ arrivato il giorno dell’ultimatum. Nuove manifestazioni dell’opposizione al regime sono attese per oggi al Cairo nel “venerdì della partenza”: così lo ha definito uno dei principali leader della protesta pacifica, Mohamed ElBaradei, che nei giorni scorsi aveva chiesto le dimissioni di Hosni Mubarak entro la giornata odierna.
Marciare per un nuovo inizio, per un Egitto “senza il regime, senza il suo faraone”: è questa l’intenzione dell’opposizione, che nelle ultime ore ha trovato sostegno forte da parte degli Stati Uniti. Secondo indiscrezioni del New York Times, il presidente Barack Obama e i suoi più stretti collaboratori starebbero lavorando per ottenere le dimissioni di Mubarak entro oggi: per questo, il vice presidente Usa Joe Biden ha telefonato questa notte al suo omologo egiziano Omar Suleiman.
Se i partiti di opposizione e gli stati Uniti riusciranno nel loro intento è difficile dirlo. Ieri, in un’intervista alla Abc, Mubarak ha detto che “vorrebbe dimettersi, ma non può farlo”. “Se mi dimettessi oggi, in Egitto scoppierebbe il caos”, ha spiegato, ribadendo un concetto affidato poche ore prima al suo vice presidente. E a nulla è valsa, almeno per ora, l’offerta di dialogo avanzata da Suleiman ai Fratelli musulmani. L’organizzazione islamica l’ha rispedita al mittente. “La gente rifiuta il regime” hanno commentato.
Intanto è arrivata la dichiarazione della guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei che, durante la preghiera del venerdì all’università di Teheran, ha affermato che le rivolte in Tunisia e in Egitto rappresentano un “segno del risveglio islamico” nel mondo.
Questa notte, migliaia di manifestanti hanno sfidato nuovamente il coprifuoco e sono rimasti a presidiare piazza Tahrir, epicentro delle proteste, dopo una nuova giornata di duri scontri con la polizia e i sostenitori di Mubarak.
Almeno 13 le vittime e 1.200 i feriti di ieri, secondo i dati ufficiali forniti dal ministero della Sanità: un bilancio che potrebbe essere ancora più grave, secondo le informazioni fornite da testimoni e personale sanitario. E sono forti i timori per oggi, anche se i vertici dell’esercito hanno garantito agli Stati Uniti che non faranno aprire il fuoco contro i manifestanti.
Ma nei giorni precedenti, i sostenitori del presidente Mubarak hanno attaccato manifestanti, giornalisti e cittadini stranieri. In strada sono scesi numerosi “baltagi”, gli agenti della polizia segreta, camuffati da simpatizzanti del rais. I principali episodi di violenza hanno avuto luogo nelle adiacenze del Museo Egizio e del ponte per il quartiere di Zamalek, poi a ridosso di piazza Tahrir. C’è stato il consueto lancio di sassi e bottiglie molotov. Si sono sentiti spari. Due persone sono state uccise da cecchini posizionati sul tetto dell’hotel Hilton.
Nelle stesse ore si è svolta una vera caccia all’uomo contro personale delle organizzazioni umanitarie internazionali e giornalisti stranieri. Le Nazioni Unite hanno annunciato il ritiro di centinaia di dipendenti, ovvero tutto il personale “non necessario”. Un hotel che ospita i reporter inviati al Cairo è stato assaltato, numerosi cittadini stranieri e giornalisti sono stati picchiati a sangue. Una ventina di reporter non egiziani, in totale, sono stati arrestati.
Amnesty international ha denunciato l’arresto di un suo attivista francese, fermato assieme a Daniel Williams, esponente di Human Rights Watch e marito di Lucia Annunziata. Tre italiani sono stati sequestrati a un checkpoint e poi rilasciati solo grazie all’insistenza di alcuni diplomatici australiani che viaggiavano con loro.
Prima la Casa Bianca e poi il capo della diplomazia Usa Hillary Clinton hanno condannato gli attacchi alla stampa. “Sono totalmente inaccettabili in qualunque circostanza e una violazione delle norme internazionali che garantiscono la libertà di stampa”, ha detto il segretario di Stato americano.
L’Egitto, ha incalzato Clinton, “deve dimostrare la propria volontà di proteggere i giornalisti, perché la libertà di riunirsi, di parola e di stampa sono pilastri” inalienabili, motivo per cui gli Stati Uniti “condannano nel modo più deciso gli attacchi ai giornalisti che stanno seguendo la situazione in Egitto”.