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Egitto: parlamento in fiamme, web oscurato

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E’ il caos totale nel Cairo e in tutto l’Egitto. Nella capitale ci sono scontri in piazza, con le rivolte antigovernative che hanno provocato finora almeno cinque morti e decine di feriti, secondo le fonti mediche. Tredici le vittime a Suez. Ma, riferisce l’emittente tv Al Jazeera, la polizia sembra assente dalle aree prese di mira dalle proteste, mentre i carrarmati sono nelle strade.

I manifestanti chiedono ai soldati di marciare mano nella mano, ma l’esercito non ha ancora preso una posizione. Sara’ questo il nodo cruciale che decidera’ le sorti del paese. La posizione ufficiale americana e’ che deve essere rispettato il desiderio del popolo, ma il cambiamento ai piani alti del potere deve avvenire pacificamente. Intanto sembra che la guardia presidenziale di Mubarak sia diretta verso la sede della TV nazionale.

In rivolta anche Alessandria e Suez, con la gente, in particolare i giovani, che si e’ riversate nelle strade. Almeno 80mila persone hanno protestato a Port Said, citta’ del nordest dell’Egitto, dove ha perso la vita un 14enne. Secondo la Cnn sarebbero almeno quattrocento gli arresti.

Le linee aeree egiziane hanno sospeso per 12 ore i voli dal Cairo. Molti altri voli sono cancellati. Gli Stati Uniti avvertono: evitare viaggi non essenziali in Egitto. Intanto alcuni leader religiosi, spiega il quotidiano in inglese sugli affari mediorientali The National, hanno dato il loro sostegno ai manifestanti e invitato il presidente Honsi Mubarak a indire le elezioni anticipate e a lavorare per le riforme.

Nel paese da oggi e’ partito il “Venerdi della collera”, come l’opposizione ha battezzato le manifestazioni di oggi contro il regime Mubarak, 82 anni, da 30 al potere. Alla guida della protesta l’ex direttore dell’Aiea Mohammed El Baradei, rientrato ieri sera da Vienna. Il premio Nobel per la pace e’ stato pero’ fermato al Cairo dalle forze dell’ordine, riferisce l’emittente Al Jazeera, e si trova agli arresti domiciliari.

I manifestanti al Cairo hanno dato alle fiamme gli uffici del partito al governo – il Partito Nazionale Democratico – e il palazzo del parlamento. Il bilancio per il momento e’ di cinque i morti e decine di feriti, con il governo che e’ stato spinto dagli ultimi eventi ad annunciare un coprifuoco ad Alessandria, Il Cairo e Suez dalle 18 ora locale (le 17 italiane) alle 7 del mattino.

Reuters dice che a Suez alcuni manifestanti hanno cercato di impadronirsi di alcuni mezzi blindati, ma il tempestivo intervento dell’esercito ha fatto fallire il tentativo. Al Cairo, la polizia conferma di aver aperto il fuoco contro i manifestanti dopo il loro tentativo di salire su alcuni mezzi blindati. Non e’ dato sapere se fossero colpi di avvertimento o se siano stati esplosi dei colpi in direzione di chi protestava.

Il presidente Mubarak non ha ancora parlato al paese ma sembra che lo fara’ presto, con un convoglio che e’ stato visto muoversi verso la sede della tv del paese nella capitale. Televisioni nazionale che ha continuato a trasmettere immagini di tranquillita’ nelle strade della nazione, in netto contrasto con le scene di rivolta e fiamme che si possono vedere su Al Jazeera. Le forze militari starebbero proteggendo l’edificio dell’emittente.

Ora tutto puo’ succedere, ma l’ipotesi piu’ probabile e’ la creazione di un nuovo governo di coalizione. Va considerato che finora l’esecutivo e il suo capo di stato non hanno mai commentato le proteste e non hanno fatto concessioni al movimento di protesta. Gli Stati Uniti hanno esortato il governo egiziano a dare una risposta alle proteste “immediatamente” sottolineando che “la violenza non e’ una risposta”.

Al Jazeera sostiene che l’esercito sia ancora schierato contro il popolo, ma Peter Beaumont, inviato del Guardian dal Cairo, nel confermare la presenza dell’esercito per le strade, rende noto che non e’ ancora chiaro se il corpo militare stia agendo a sostegno della polizia o se sia invece dalla parte dei manifestanti.

Nel frattempo anche WikiLeaks, a modo suo, partecipa alla rivolta, pubblicando rivelazioni scomode proprio mentre la gente si batte nelle strade. Dai cabli diplomatici del Dipartimento di Stato emergono casi di violazione dei diritti umani e di arresti politici. Bisognera’ vedere pero’ se la gente riuscira’ a leggere il contenuto dei documenti segreti, visto che il governo egiziano ha deciso di disattivare tutti e quattro i principali provider Internet del paese – Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt ed Etisalat Misr – imponendo di fatto un blackout digitale su scala nazionale.

Sultan Al Qassemi, columnist del quotidiano The National, spiega che mentre nel paese infuriano le proteste la TV di stato trasmette alcune immagini di totale calma per le strade del Cairo. Per loro non sta accadendo nulla.

Intanto e’ intervenuto il Segretario di Stato americano Hillary Clinton, che ha fatto sapere che gli Stati Uniti sono molto ansiosi per la piega che hanno preso gli eventi e che sostengono il diritto a protestare e comunicare: “Siamo preoccupati per l’uso della violenza da parte della polizia contro i manifestanti. Chi protesta deve pero’ rinunciare alla violenza. Sosteniamo i diritti del popolo egiziano, compreso il loro diritto a manifestare”.

“Chiediamo alle autorita’ egiziane di consentire le proteste e di ripristinare quanto prima le comunicazioni. Vogliamo collaborare con gli egiziani e il loro governo per realizzare una societa’ democratica che rispetti i diritti umani”.

Brian Whittaker, che si occupa di questioni mediorientali per il Guardian ha dato alle parole di Clinton questa chiave di lettura: “mira a un abbandono concordato da parte di Mubarak, che possa portare a una maggiore liberta’. Penso che gli Stati Uniti puntino a una soluzione che protegga i loro principali interessi: il trattato di pace con Israele, il canale di Suez e la cooperazione contro il terrorismo islamico”.

“Dobbiamo guardare al futuro”, ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Come scrive il Time Israele si e’ unito alle relazioni diplomatiche e di cooperazione sulla sicurezza sia con l’Egitto sia con la Giordania, unici paesi territorialmente vicini ad avere siglato trattati con lo stato di Israele. Ma, sebbene possa essere piu’ efficiente avere a che fare con una personalita’ forte al Cairo e un re ad Amman, le democrazie migliorano il vicinato perche’ “le democrazie non iniziano guerre. Detto questo non sono sicuro che questo sia il momento giusto per le regioni arabe di attraversare un processo di democratizzazione”, ha spiegato Netanyahu.

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha convocato una riunione alla Casa Bianca con i vertici della sicurezza nazionale sulla situazione in Egitto ed ha disposto ulteriori briefing nel corso della giornata. Ma non ha parlato con responsabili egiziani. Alla riunione, durata circa 40 minuti, hanno preso parte il vicepresidente Joe Biden, il condigliere per la Sicurezza Nazionale Tom Donilon, il consigliere per la lotta al terrorismo John Brennan e altri funzionari dell’intelligence e della diplomazia Usa.

Washington potrebbe rivedere le sue politiche di aiuto al Cairo, sulla base dei prossimi sviluppi della rivolta. A causa dell’intensita’ della crisi nel suo paese, un generale americano ha reso noto che il capo dell’esercito egiziano lascera’ Washington venerdi’, interrompendo la sua visita di una settimana.

Ecco il video in cui, Biden, intervistato dalla PBS, dichiara che Mubarak non puo’ essere definito un dittatore ma un alleato degli Stati Uniti. (questa specifica frase ha inizio dal minuto 3:30)

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(WSI) – Fin dalla mattinata si sono verificati scontri nel popolare quartiere di Giza al Cairo, dove la polizia ha usato idranti, lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla subito dopo la preghiera del venerdi, alla quale ha partecipato lo stesso El Baradei. Il leader dell’opposizione a Mubarak è apparso in mezzo ai fedeli radunatasi davanti a una grande moschea. Terminate le preghiere, la gente ha iniziato a gridare “Abbasso Hosni Mubarak!”, mentre intorno si schieravano gli agenti delle forze speciali in assetto anti-sommossa. Scattata la repressione, i manifestanti hanno reagito scagliando sassi e immondizia contro gli agenti, tempestando di pugni i manifesti con l’effigie di Mubarak.

Stesse scene davanti alla moschea-università di Al Azhar, il maggior centro teologico sunnita della capitale, dove si sono raccolte altre migliaia di manifestanti. Secondo testimoni oculari, la forze dell’ordine sparano proiettili di gomma contro la folla, che ha risposto con una sassaiola inneggiando slogan contro Mubarak e suo figlio Gamal, 47 anni, indiziato di voler subentrare al padre. Per la prima volta si registra una manifestazione anti governativa anche a Nasr City, sempre nei dintorni del Cairo.

Secondo Al Jazeera, migliaia di persone stanno ora convergendo davanti a una delle residenze di Mubarak al Cairo. E cortei molto nutriti stanno percorrendo la centrale via Kasr el Aini, in direzione di Piazza Tharir, che conduce anche alla sede della presidenza del Consiglio e a quella del Parlamento.

Un altro corteo si è mosso a Suez, dove nei giorni scorsi sono stati registrati scontri particolarmente violenti tra dimostranti e polizia. Secondo la tv araba ‘al-Jazeera’ il corteo è il più imponente da quando è iniziata la protesta, sulla scia degli eventi tunisini. Dopo la preghiera del venerdi, i fedeli si sono radunati nella piazza principale della città e hanno dato vita alla manifestazione. Al momento i tremila soldati inviati dal Cairo in aggiunta alle forze di polizia presenti in città, sono fermi nella periferia di Suez e non sono ancora intervenuti.

Assembramenti di migliaia di persone si segnalano anche ad Alessandria, con scontri davanti alla moschea el Kaid Ibrahim, e nel centro delle città di Mansoura e Sharqiya, nella regione del delta del Nilo. Secondo testimoni, a Mansoura la polizia sta sparando lacrimogeni contro i dimostranti. Il governo aveva avvertito che per fare fronte alle proteste odierne avrebbe fatto ricorso a “provvedimenti risoluti” ma “conformi alla legge”.

Parlando da Davos, in Svizzera, dove si trova per il World economic Forum, il segretario generale delle Nazione Unite Ban Ki-Moon avverte: “In Egitto la libertà di espressione deve essere totalmente rispettata”. Ma in Egitto oggi è difficile anche comunicare. Al Cairo le connessioni internet risultano bloccate, secondo la testimonianza di numerosi hotel e utenti privati. Risultano inoltre essere saltate anche le comunicazioni vocali fra telefoni cellulari. Il servizio sms era già inutilizzabile da alcune ore. Un silenzio inquietante introduce alle manifestazioni annunciate dagli oppositori di Mubarak.

In piazza sono attesi anche esponenti dei Fratelli Musulmani, principale partito dell’opposizione, colpito nella notte da un’ondata di arresti. Fermati venti membri dell’organizzazione egiziana dei Fratelli musulmani, tra cui cinque ex deputati e cinque membri dell’ufficio politico. Il principale partito di opposizione – fin qui rimasto piuttosto ai margini delle proteste – aveva annunciato ieri sera la propria decisione di partecipare alle manifestazioni del cosiddetto “venerdì della collera” in modo pacifico.

E in previsione di nuovi scontri arriva anche la denuncia delle organizzazioni umanitarie. Secondo Human Rights Watch, ong americana, la polizia egiziana utilizza la forza in modo “totalmente inaccettabile e sproporzionato” per colpire i manifestanti anti Mubarak. Secondo Hrw i morti negli scontri in corso da martedì sono almeno nove. Secondo quanto indicato da Hrw – che teme anche “possibili maltrattamenti” per i circa 800 arrestati – gli scontri più gravi sono avvenuti a Suez, dove tre persone sono state uccise martedì scorso: il bilancio ufficiale delle vittime è fin qui di sette morti, cinque manifestanti e due poliziotti.

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La rete internet risulta inaccessibile in tutto l’Egitto. Mentre la gente si sta preparando alle proteste che seguiranno le preghiere del venerdì per chiedere le dimissioni del presidente Hosni Mubarak, da più parti si segnalano disturbi sulla Rete. «Oggi la rete Internet è inaccessibile in Egitto», ha fatto sapere la reception di un grande albergo della capitale. Informazione confermata da altre strutture alberghiere. E anche Seabone, il maggiore provider egiziano con sede in Italia, ha riferito che dalle prime ore di oggi non si è registrato traffico in entrata e in uscita da mezzanotte e mezza, ora locale. Il governo sembra aver bloccato la principale arma degli attivisti. I social network sono stati fondamentali per l’organizzazione delle proteste cresciute in questi giorni.

ARRESTI – E mentre si attende, con il fiato sospeso, le manifestazioni preannunciate in occasione della tradizionale giornata festiva islamica del venerdì, le forze di sicurezza hanno arrestato una ventina di attivisti dei Fratelli Musulmani, principale forza di opposizione: lo ha reso noto il loro avvocato, Abdel-Moneim Abdel Maqsoud, secondo cui si potrebbe in realtà trattare di un numero anche più elevato, giacché «è difficile calcolare la cifra esatta», ha affermato. Gli arrestati, nel raid notturno, anche i portavoce Essam El-Erian, Mohamed Mursi e Hamdy Hassan. «La ragione è ovviamente nota: è per ciò che ci si aspetta che accada (oggi)», ha detto l’avvocato. Una fonte della sicurezza ha confermato che le autorità hanno ordinato un’operazione contro il gruppo nella notte: «Abbiamo ordini per un’operazione di sicurezza contro i Fratelli», ha detto a Reuters la fonte.

OPPOSIZIONE ISLAMICA – Finora i Fratelli Musulmani si erano mantenuti relativamente ai margini delle proteste di piazza contro il regime del presidente egiziano Hosni Mubarak, lasciando ai propri militanti libertà di scelta se parteciparvi o meno. Per oggi tuttavia avrebbeto deciso di scendere pure loro nelle strade, dopo le preghiere del venerdì, seguendo l’esempio del più importante dissidente del Paese, Mohamed ElBaradei, ex direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, rientrato in patria ieri. Il governo ha messo in guardia i giovani manifestanti perché non consentano ai Fratelli di strumentalizzare le proteste. Rappresentanti dell’opposizione come Mohamed ElBaradei sostengono che il governo usi l’opposizione islamica come scusa per mantenere la stretta autoritaria. Gli attivisti puntano a organizzare oggi la maggiore delle manifestazioni di questi giorni, ispirate da quanto successo in Tunisia.

MINACCIA – Lo chiamano già «Il venerdì della collera». La giornata di oggi si presenta come decisiva per le proteste contro il governo egiziano del presidente Hosni Mubarak, le più gravi mai affrontata dal rais nei suoi oltre trent’anni di governo. Il Ministero degli Interni del Cairo ha avvertito di voler prendere delle «misure decisive» per arginare le proteste, «in conformità alla legge». L’arresto dei membri dei Fratelli Musulmani ne un esempio. Il malcontento popolare ha da giovedì anche un volto moderato e – almeno agli occhi della comunità internazionale – credibile su cui convogliare le sue speranze di cambiamento: l’ex Direttore generale dell’Aiea e premio Nobel per la Pace, Mohammed ElBaradei, tornato in patria per partecipare alle proteste, che al momento hanno causato sette morti e decine di feriti. Non appena arrivato all’aeoporto internazionale del Cairo, ElBaradei ha subito cominciato la campagna per la sua candidatura a «guidare la transizione» del regime egiziano: «La volontà di cambiamento deve essere rispettata, il regime non deve utilizzare la violenza nelle manifestazioni: è un momento critico nella storia egiziana».

ELBARADEI – Non è però ancora certo che il ritorno sulla scena di ElBaradei possa portare un salto di qualità nel movimento popolare, che da semplice protesta passerebbe così a dotarsi di un orizzonte politico: l’ex direttore dell’Aiea non è formalmente a capo di alcun partito, ma ha formato un movimento, l’Associazione Nazionale per il cambiamento, che difende la necessità di riforme democratiche e sociali. Nell’ultimo anno ElBaradei è stato oggetto di una virulenta campagna di diffamazione da parte del regime. Uomo austero, considerato fermo nelle sue convinzioni, ElBaradei, uomo considerato anche dagli studiosi occidentali«credibile candidato» alle elezioni presidenziali del prossimo settembre, aveva suscitato la simpatia in gran parte dell’opinione pubblica egiziana. In particolare fra i giovani e le classi medie: anche all’estero, soprattutto in alcuni paesi europei, si era guadagnato fama di coraggio e integrità per essersi opposto – quando era a capo dell’Aiea – al «teorema» dell’amministrazione Bush sull’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq.

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